Quando leggi della morte di qualcuno sul giornale a volte pensi che ne hai sempre sentito parlare, hai letto quello che scriveva ma non lo hai mai conosciuto. Questo, in alcuni casi, crea un senso di vuoto perché ti chiedi cosa sarebbe potuto accadere se avessi avuto l’occasione di parlarci.
Questo mi è accaduto con la morte di Renzo Dall’Ara che sicuramente avrei potuto conoscere visto che spesso l’ho visto in giro per Mantova e incrociato in qualche occasione. Per questo ho deciso di condividere su questo blog un suo ricordo, minore, ma importante e che racconta il modo di essere di questo giornalista.
Per me Renzo Dall’Ara era il nome che occhieggiava in piccolo sotto il titolo ben più importante di una pubblicazione dell’Amministrazione Provinciale e dell’Ente Provinciale per il turismo. Eccolo al completo:
MANTOVA, Passeggiando per i 70 comuni alla scoperta d fiumi, laghi, canali, borghi, corti, pievi e campanili dell’antica terra di Virgilio e dei Gonzaga
E’ un piccolo libretto di 144 pagine stampato nel 1984 da Publi Paolini (e sponsorizzato da Gubela, come si vede nella quarta di copertina dove, nella mia copia, avevo applicato l’adesivo CECCHIN, realizzato da mio padre e che ho ancora anche sulla mia bicicletta).
Ebbene per me, che all’epoca avevo 16 anni fu una guida alla scoperta della provincia, fatta in bicicletta insieme ad un amico. Tra l’altro scoprii, con malcelato sconforto di abitare nel MEDIO mantovano (avrei preferito distinguermi nell’alto o nel basso) e che però Castellucchio, il paese dove abitavo all’ora aveva “un impianto territoriale molto articolato per la presenza di frazioni con una loro storia”.
E’ interessante leggere oggi alcune delle parti introduttive dove si parla delle Biblioteche (e manca la Biblioteca Baratta che sarebbe stata aperta solo 14 anni dopo nel 1998) e si cita una Biblioteca dell’Istituto di Cultura Germanica in via Sant’Agnese 8 con 5.000 volumi di cui avevo dimenticato l’esistenza. Senza dimenticare che oggi i comuni sono meno di 70 con le fusioni che hanno modificato l’assetto amministrativo mantovano.
Senza dimenticare una parte dedicata alle Strade della Fantasia che ci riporta a Virgilio, Rigoletto, Romeo e alle Strade della Storia con Hofer e il Risorgimento: è un programma di valorizzazione turistica già impostato e che in gran parte rimane ancora da realizzare.
Chiudo con quello che Renzo Dall’Ara scrive sotto le rubriche Stagioni Ideali e Piacere della Tavola.
Stagioni Ideali – le stagioni più favorevoli per il turismo nel Mantovano sono, come in tutte le aree continentali di pianura, quelle intermedie, cioè primavera ed autunno. Ma anche le giornate di nebbia hanno un loro fascino, per chi sa capire (N.d.R. e in queste tre ultime parole c’è tanto di questo giornalista).
Piacere della Tavola – nel Mantovano è oggettivamente difficile mangiar male. Assai più facile rialzarsi da tavola soddisfatti per la fedeltà degli osti alla tradizione gastronomica di casa che è sempre consigliabile seguire. Quindi agnoli in brodo, tortelli (di zucca), risotti (alla pilòta, col pesce), bigoi (fratelli rustici degli spaghetti, fatti col torchio), tagliatelle in brodo. Poi gli stufati e gli stracotti (anche d’asino), i lessi (questione di qualità e non di originalità), il luccio in salsa, le luma che, le rane. Il mantovano non è terra di fettine, bistecche, paillard e comunque rimane indenne da nevrosi culinarie o nutrizionali di tipo metropolitano. (N.d.R. e anche qui emerge il colpo di coda del cronista con quel paillard e le nevrosi culinarie e nutrizionali che imperano oggi anche nel mantovano.)
L’invito è a rileggere il volumetto e a riprendere in mano molti degli scritti di Renzo Dall’Ara: ricordare è riportare al cuore.
Giacomo Cecchin (2 febbraio 2020)
Per chiudere due ricordi personali e un ricordo rubato:
1. I RIFERIMENTI – per me Renzo Dall’Ara è un riferimento come quelli di Ercolano Marani (ne ho scritto qui) e di Mario Cattafesta (il titolo del mio blog è un omaggio al suo libro più famoso).
2. I COMUNI DEL MANTOVANO – ricordo che alle elementari il maestro Tristano Zacchia ci fece scrivere delle cartoline ad un’altra classe di un paese che a me sembrava lontanissimo (facevo fatica a credere che fossero mantovani anche loro) ma anche vicino perché si chiamava San Giacomo delle Segnate.
3. UN RICORDO DI FABRIZIO BINACCHI – ho “rubato” per salvarlo dall’oblio di Facebook questo ricordo di Fabrizio Binacchi che riporto di seguito perchè mi ha riportato immediatamente in un passato che non c’è più ma che ha fatto vivere a me (che non ci ho mail lavorato) l’aria della redazione di un giornale locale.
“Renzo Dall’Ara trovava una notizia anche laddove gli altri non la vedevano. Aveva una curiosità professionale ed umana fuori dal comune. E nel contempo aveva un rispetto e una prudenza che anticipavano le norme sulla protezione dei dati personali. Era anche un narratore televisivo: partecipò nel 2000 ad una mia puntata di Linea Verde su pasticcieri che vennero dalla Svizzera a Mantova, come si vede in alcuni fotogrammi. Nella foto in bianco e nero invece col direttore Rino Bulbarelli durante la visita al giornale del ministro Colombo.
Capivi che ti voleva assegnare un servizio, un articolo, di quelli che piacevano a lui, belli croccanti, da come ti fissava appena incrociava il tuo sguardo. E diventava una paginata di grande interesse.
Era ironico Renzo, uno spirito goliardico che ravvivava la più inerte delle storie. Giocava con le parole e con i soprannomi come si fa o si faceva nelle redazioni che si rispettano.
Nello stazione cronaca della Gazzetta dove eravamo in via Fratelli Bandiera 32 c’erano varie scrivanie allineate e poi c’era il quadrilatero di coordinamento e comando vicino alla porta interna che faceva accedere a Telegazzetta e alla redazione sportiva. Lì sedevano lui Renzo Dall’Ara caporedattore, accanto Luciano Spagna firma storica di politica e società, il cronista del consiglio comunale e davanti noi due i quasi più giovani Stefano Scansani da Poggio Rusco, ora direttore della Gazzetta di Reggio, e chi scrive queste poche frasi, commosso e grato.
Stefano era proprio di fronte a Renzo ed io in diagonale: quando c’era da fare un titolo bastava uno sguardo. Renzo aveva grafia larga, prendeva appunti su tutto, in maniera artistica.Metteva il foglio nel rullo della macchina per scrivere, e mentre pensava l’attacco si metteva a braccia conserte per riflettere, forse, più intensamente.
Poi, partito con la prima riga, era un fiume in piena, quasi una telescrivente, anche l’andare a capo era velocissimo. Appena arrivato in redazione al mattino guardava subito i necrologi. Se c’era un necrologio di una suora scattava l’operazione “raccontiamo la sua storia” perché nei paesi le suore le conoscono tutti. Io e Stefano ci guardavamo negli occhi e facevamo la scommessa : a chi tocca oggi?
Era un maestro su tutto ma soprattutto sulla semplificazione giornalistica: perché usare una perifrasi se puoi usare una parola? Era capace di raccontare storie complesse con il linguaggio più semplice e più consono.
Qualche anno fa per una conferenza sulla cucina ci incontrammo a Suzzara al cinema Politeama. Dopo il pranzo nella sala ristorante della Scuola Arti e Mestieri lo riaccompagnai a casa a Mantova in via Curtatone Montanara. Durante il viaggio parlammo un po’ di tutto: del mestiere cambiato, dei computer, dei giornali che chiudono, dei giornalisti vecchi e giovani e della moglie morta qualche anno prima. Renzo si commosse. Gli scappò qualche lacrima. Mi commossi anch’io. Fu l’ultima volta in cui lo vidi mentre entrava nella sua casa mantovana. Ciao Renzo, grazie di tutto, gli dissi. E lui “At cosa, gracie a ti”.”
Fabrizio Binacchi scrisse sul suo profilo Facebook il 6 gennaio alle ore 12.51
Per approfondire qui trovate l’articolo uscito su Gazzetta di Mantova
Riporto anche questo commento di Toni Lodigiani su Facebook che racconta la storia delle sue immagini a corredo del volume di Renzo Dall’Ara:
Mi ha fatto molto piacere questo intervento di Giacomo Cecchin, ha smosso in me tanti bei ricordi! L’idea di questa fortunata pubblicazione era nata all’Ente Provinciale Turismo e precisamente a Sergio Genovesi, allora Presidente e a Nanni Rossi, Assessore al Turismo della Provincia.
Non era mai stata fatta una guida di tutta la provincia, con tutti, ma proprio tutti i 70 Comuni, anche i più piccoli e meno importanti, con un testo approfondito e immagini di buona qualità. Da lì si è partiti con l’incarico dato a Renzo che era il più profondo conoscitore del nostro territorio. Era però sorto il problema delle foto, poiché si era deciso di mettere giustamente una foto per ogni Comune e magari più di una nei Comuni più importanti. Io allora, avevo appena iniziato la mia avventura di fotografo presso l’E.P.T., dopo due anni di studio e diploma, e da poco avevo riordinato e gestivo l’archivio storico fotografico dell’Ente assai fornito di foto e lastre in bianco e nero della città e della provincia. Le foto che però avevamo, oltre alla città assai bene documentata, nella provincia riguardavano solo una ventina di Comuni, di cui parecchi solo in bianco e nero.
Si decise allora di scrivere a tutti i Comuni spiegando il progetto e chiedendo almeno una foto o dispositiva a colori di buona qualità. Ricordo ancora che a tale richiesta risposero poco meno di una decina di Comuni, e alcuni mandarono delle cartoline! A questo punto dopo un incontro tra il Pres. Genovesi, Renzo e il sottoscritto si decise di fare una campagna fotografica di tutti i Comuni in modo da avere un prodotto fotografico omogeneo, di buona qualità e aggiornato.
Io ebbi l’incarico di andare a fotografare, in accordo con Renzo, tutte le emergenze storico-artistiche dei 70 Comuni.
Così nell’autunno – inverno e primavera, ‘83-‘84, mentre Renzo metteva giù i testi, io ho girato tutta la provincia per prepare le foto. E’ stata per me la prima e importante esperienza fotografica che mi ha fatto scoprire il grande patrimonio storico-artistico e ambientale della nostra provincia, angoli inediti, dettagli sconosciuti. Riuscimmo così ad avere del buono e inedito materiale fotografico per il libro, ma sopratutto fu una occasione unica per avere foto aggiornate di tutta la provincia e arricchire l’archivio dell’Ente di un migliaio di scatti che si rivelarono utilissimi negli anni a seguire. La pubblicazione ebbe grande successone, fu ristampata più volte anche poi dalla A.P.T. e ancora oggi è a mio avviso un valido riferimento per la conoscenza del nostro patrimonio provinciale.
Per me, una esperienza di lavoro straordinaria fatta con il più grande e valido conoscitore e scrittore del nostro territorio:
Renzo Dall’Ara. (3 febbraio 2020)