
Il dialetto mantovano non è più così utilizzato come un tempo ma ci sono delle espressioni che sono rimaste nella parlata dei mantovani. Sono quelle che se le senti non puoi che essere a Mantova oppure identificano i nativi quando sono in giro per l’Italia e per il mondo.
Una di queste è “Tafat” che è l’abbreviazione di un modo di dire molto volgare che vi spieghiamo più avanti. Tra l’altro si tratta di un palindromo perfetto, da pronunciare sia da destra che da sinistra, ma questo non centra con il significato.
Quando sentite un mantovano dire Tafat è importante coglierne anche l’intonazione e l’espressione non verbale per capire come va inteso. Ecco tre modalità con cui di solito si utilizza (ma ci sono sicuramente altre sfumature che al momento mi sfuggono):
1. Tafat – SORPRESA: pronunciato con la seconda a un po’ più lunga e con l’intonazione in lieve salita. E’ la classica espressione di stupore e sorpresa. Facciamo alcuni esempi.
Siete alla Fiera delle Grazie e il vostro compagno di pellegrinaggio si è già mangiato almeno 10 fette di cotechino. Qui ci sta proprio un bel Tafat, come a dire, “che Dio ti conservi la vista che per l’appetito…”
2. Tafat – INTERCALARE: pronunciata con nonchalance e quasi senza intonazione. E’ un modo di riempire gli spazi senza dare particolare significato all’espressione. E’ difficile fare degli esempi ma quando incontrate un TAFATTISTA capirete bene cosa intendiamo.
3. Tafat: pronunciato con la seconda a molto breve e con un’intonazione quasi da frustata. E’ un modo di mandarti a quel paese ma senza farti intuire cosa sta dietro all’espressione completa. Qui possiamo anche evitare gli esempi visto che soprattutto in auto, a Mantova, i Tafat si sprecano.
Forse potremmo avvicinare questa guida di stile sul tafat alla famosa lezione di Rocco Schiavone sulla differenza tdi significato tra due espressioni romane molto colorite (la trovate qui https://www.youtube.com/watch?v=_Z_B_kBO7mM) certo è che si tratta di un suono che identifica il mantovano all’estero.
L’espressione completa è “cla vaca at tà fat” che tradotta in italiano vuol proprio dire “quella vacca che ti ha fatto” (fatto nel senso di partorito). E’ un espressione pesante perché fa illazioni sulla vita privata, non certo perfetta, della madre della persona a cui è rivolta.
Alcuni dicono che oramai è passata ad un’espressione di saluto (come dice Patrizio Roversi), un po’ come nel caso di “Cat végna un cancar”, ma non ci farei troppo conto.
Se proprio volete sperimentare e mettervi alla prova utilizzate Tafat nella forma di sorpresa e solo con amici fidati!
Due ultime curiosità:
– Tafat è diventato anche il nome di una birra artigianale mantovana che trovate qui https://www.misterb.beer/tafat/
– Tafat per tutti i non mantovani è il nome della figlia di Re Salomone
TAFAT (תַפָט, Tafàt; etimologia incerta, forse dal verbo ףטנ, natàf, “gocciolare”) “Ben-Abinadab, in tutta la regione di Dor; Tafat, figlia di Salomone, era sua moglie”. – 1Re 4:11. Secondo 1Re 4:7 “Salomone aveva dodici prefetti su tutto Israele, i quali provvedevano al mantenimento del re e della sua casa”; si trattava di dodici ufficiali che governavano Israele. Ogni funzionario aiutava il re e il suo seguito “per un mese all’anno” (1Re 4:7). Tafat, figlia di Salomone, era sposata con uno di quei funzionari.