
Siamo nel pieno dei Festivaletteratura e gli autori, gli editori e i lettori (non mantovani) si riconoscono per lo sguardo sognante con cui passeggiano programma alla mano. In effetti è quasi impossibile scambiare per un nativo chi viene in città per la cinque giorni letteraria. Allora per chi volesse mimetizzarsi tra i mantovani, e non farsi scoprire, offriamo 5 semplici mosse da applicare immediatamente. A questo punto sarete automaticamente come noi e potrete godervi il Festival senza sentirvi un pesce fuor d’acqua. Il suggerimento è di sperimentarne almeno una al giorno per diventare dei campioni alla prossima edizione.
Leggere la Gazzetta o la Voce dal fondo
Un mantovano doc si riconosce dal fatto che legge la Gazzetta di Mantova a partire dall’ultima pagina dove sono riportati i morti del giorno prima. Forse per alcuni questo rituale potrà sembrare macabro ma in realtà è un modo per sentirsi vivi e uno spunto di conversazione al bar. Tra l’altro si sa di alcuni mantovani che aprono con apprensione il giornale nel timore di trovare la loro foto in ultima pagina. In realtà non è proprio l’ultimo foglio del giornale ma il penultimo e in alcuni casi di personaggi importanti i necrologi arrivano ad occupare più fogli e offrono uno squarcio interessante sulla società cittadina.
Esercizio: Entrare in un bar e aprire la Gazzetta sulla penultima pagina sorseggiando il cappuccino.
In centro in sella alla bicicletta
Le vie di Mantova non sono enormi ma anche le piazze durante il Festivaletteratura diventano strette. I mantovani doc girano per la città in bicicletta, in qualsiasi direzione (e spesso privilegiando i sensi contrari e i marciapiedi per evitare l’acciottolato). Anche i turisti usano la bicicletta e quindi da cosa si riconoscono i nativi? Dal fatto che fendono la folla senza scendere e a volte scampanellano come se fossero ad una tappa del giro d’Italia, imprecando contro chi gli fa mettere un piede a terra, come se perdessero ad un gioco d’equilibrio. Esercizio: Prendere una bici “vissuta”, magari con qualche pezzo mancante e lanciarsi in via Broletto in direzione opposta al flusso di marcia.
Festivaletteratura ma anche…
Il mantovano doc si lamenta del fatto di vivere in una città “sonnacchiosa” e addormentata e quindi invoca durante l’anno il Festivaletteratura come unico evento capace di svegliare Mantova, questa Brigadoon padana. Il primo giorno del Festival pertanto tutti i mantovani girano entusiasti per le vie, godendosi la folla e chiedendosi se si tratti di un’edizione più o meno affollata. Ma è dal secondo giorno che li vedi imprecare se qualcuno si attarda sotto i portici o sui marciapiedi e si sentono già gli ohimè di chi trova Mantova troppo affollata. In altre parole il mantovano doc loda e critica il Festival quasi in simultanea ma la manifestazione non ne risente visto che, come dicevano gli antichi, SIVE BONUM SIVE MALUM FAMA EST (se ne parli bene o male purché se ne parli).
Esercizio: Mettersi sotto i portici a sorridere ai turisti e poi scattare in direzione ostinata e contraria osservando gli altri con sguardo sdegnoso.
Parlare del Sacco con le lacrime agli occhi
Il Sacco da parte dei Lanzichenecchi nel 1630 ha sconvolto i mantovani e a ragione visto che la popolazione passò da 30.000 a 10.000 abitanti nei mesi in cui la soldataglia mise a ferro e fuoco la città. Ebbene provate a chiedere informazioni su questa tragedia ad un mantovano doc e gli occhi si faranno umidi, il tono strascicato e vi racconterà l’evento come se fosse avvenuto pochi giorni prima. In particolare vi spiegherà con voce affranta quante opere d’arte siano scomparse e come solo la Celeste Galeria (una mostra del 2003 entrata nella mitologia cittadina) sia riuscita a riportare a casa, seppur temporaneamente, alcuni dei capolavori. Prima di lasciarvi andare inoltre chiuderà la lamentatio con i furti di Napoleone.
Esercizio: fingersi tristi e sconsolati e, quando un turista ve ne chiederà la ragione, raccontargli del Sacco come se fosse avvenuto ieri.
Palazzo Te è fuori città
I mantovani doc offrono informazioni e indicazioni ai turisti molto volentieri ma in alcuni casi sanno essere assolutamente fuorvianti. Prendiamo il caso di Palazzo Te: a chi chieda a qualcuno di Mantova, magari davanti alla Basilica di S.Andrea, dove si trovi la villa di Federico II, si sentirà rispondere che è fuori città e si sentirà suggerire di prendere un taxi oppure un autobus della linea urbana. Salvo poi accorgersi che basta una passeggiata di un quarto d’ora per arrivarci. Ma a Mantova gli abitanti sentono ancora la presenza delle mura abbattute e Palazzo Te era davvero un palazzo di campagna inserito nell’isola del Tejeto, circondato dall’acqua e oltre la cinta difensiva. Esercizio: sedersi sui gradini di S.Andrea e al primo che chiede dov’è Palazzo Te rispondere che ci si arriva solo con i mezzi perché è fuori città.
Giacomo Cecchin
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- 5 piazze da incorniciare
- 5 posti del cuore
Il mantovano è solito:
– lamentare pochi parcheggi
– lamentare che Verona è molto più viva
– lamentare che non c’è mai nulla
– lamentare che i concerti fanno baccano
– lamentare…
La lamentatio è un classico…