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Bruno Cecchin, Fumana, Giunti editore, Guido Conti, Mirko Volpi, Oceano Padano, Quando il cielo era il mare e le nuvole balene
A Natale a volte si vuole regalare un libro ma magari le idee sono poche, i volumi in uscita tantissimi e non si sa cosa scegliere. Ebbene io regalerò e regalerei l’ultimo libro di Guido Conti*: Quando il cielo era il mare e le nuvole balene**. E’ un libro che mi ha conquistato e appassionato ma soprattutto mi ha commosso come non mi accadeva da tempo***.
Già il titolo mi aveva colpito perché ti costringe ad un punto di vista diverso e ti porta indietro nel tempo, il tempo delle favole, apparentemente, e quello delle origini della pianura padana. Sì, perché dentro questo libro c’è una pianura infinita, c’è il mondo piccolo di Guareschi e la Luzzara di Zavattini, c’è la storia delle nostre campagne: una piccola storia che si intreccia con la grande storia della seconda guerra mondiale e ne esce vincitrice.
Guido Conti è riuscito a costruire un romanzo che ti costringe a voltare pagina, che ti fa venir voglia di sapere dove finiscono i personaggi che appaiono anche solo per un momento e poi scompaiono nel nulla come nel caso dell’orsante, il girovago che fa ballare l’orso per le città e per le campagne e ci vive insieme da così tanto tempo che non si sa, alla fine, chi sia più orso tra l’uomo e l’animale.
Anche i nomi sono importanti: Bruno****, il ragazzo protagonista e i suoi nonni Ercole e Ida. Sono nomi antichi e per questo al di fuori del tempo, sono nomi concreti, di quelli che si davano in campagna anni fa. Per il ragazzo si tratta di un romanzo di formazione dove i nonni rappresentano due punti di riferimento: nonno Ercole che sa leggere e scrivere (scrive lettere anche a Stalin e a Dio) rappresenta la parte più razionale mentre nonna Ida è la parte più antica e selvaggia, un’analfabeta che però sa leggere i segni della natura e compie piccoli riti per scacciare il male come gettare il sale agli angoli dell’aia o segnare le storte e guarire dal fuoco di Sant’Antonio. E attorno a questi tre personaggi centrali si avvicendano tantissime altre storie come quella dell’Americano, il papà di Bruno e delle sue amanti, quella dei tedeschi e dei repubblichini, quelle di chi vuole sfuggire alla guerra e invece ci rimane incastrato dentro, quelle dei contrabbandieri del grande Fiume che vincono sempre anche e soprattutto durante l’alluvione. L’alluvione è proprio quella del 1951 dove la pianura sembra tornare ad essere mare, una specie di Oceano padano*****, come quando il cielo era mare e le nuvole balene.
Ma è un libro difficile da raccontare perché assomiglia a quei racconti circolari che si facevano nelle stalle, una sorta di amarcord (mi ricordo), un intercalare che fa procedere la storia in fili apparentemente interrotti e che poi li riannoda tutti ma senza fare la morale a nessuno. E’ un libro che non si può raccontare ma si può solo leggere, ascoltare e vivere. La storia di Guido Conti fa risuonare in noi, gente di pianura, il ricordo di vicende che tutti hanno vissuto o si sono sentiti raccontare e che per questo colpiscono ed emozionano. Per chi invece la pianura l’ha solo attraversata o sfiorata il romanzo rappresenta una porta di ingresso per provare a capire cosa ha voluto dire, vivere, sognare e morire in questa “fettaccia di terra che sta tra il Po e l’Appennino”.
Un libro che mi piacerebbe aver scritto. Un libro davvero da non perdere.
Giacomo Cecchin
* Ho conosciuto di sfuggita Guido Conti durante la prima edizione di Fumana, un festival sugli immaginari delle pianure (ne potete leggere qui e anche qui) e dopo aver letto questo libro mi è venuta voglia di conoscerlo meglio, e soprattutto di leggere gli altri libri che ha scritto.
** Il titolo lo si trova nell’incipit del libro che trovate in fondo a queste note.
*** A me è capitato di piangere leggendo. La prima volta che ricordo distintamente è quella di quando lessi I Ragazzi della via Paal. Nella mia copia di allora si intravede ancora il segno di una lacrima sulla pagina che descrive la morte di Nemecsek. Mi sono commosso anche in Vent’anni dopo di Alexandre Dumas nel momento in cui si racconta dell’esecuzione del re Carlo I. La stessa cosa mi capitata leggendo il libro di Guido Conti: un momento catartico.
**** Bruno è il nome del protagonista del romanzo e Bruno era anche il nome di mio padre. Era nato il 27 giugno del 1935 ed è morto il 23 settembre del 2017. Avrebbe potuto tranquillamente essere Bruno dal punto di vista anagrafico e per il fatto che era nato in una corte agricola molto simile a quella di Ercole e Ida.
***** Oceano Padano è il titolo di un bel libro edito da Laterza e scritto da Mirko Volpi, che ho conosciuto sempre in occasione della prima edizione di Fumana: un festival di incontri, scontri e intersezioni.
Quando il cielo era il mare e le nuvole balene
Guido Conti
Giunti editore
«La brezza leggera accarezza l’acqua del grande fiume dopo il riposo dell’inverno e lo spirito di Dio corre sulla pianura per risvegliare l’erba dei prati, i fiori nei fossi e la linfa nelle radici degli alberi. Così rinasce la vita» diceva nonno Ercole. Stavamo uno di fianco all’altro, seduti appoggiati al tronco di un pioppo per goderci il calore del primo sole.
«M’insegni a fumare?» chiesi all’improvviso. Dovevo avere una decina d’anni. Lui si mise a ridere: «Io alla tua età fumavo già i tralci di vite, ma non devi dirlo a nessuno, men che meno alla nonna, altrimenti quella ci sgrida tutti e due».
L’allodola in cielo faceva più grande il silenzio dell’estate.
«Vedi dove cresce l’erba?» Con la mano aperta accarezzò la terra dura e poi la picchiò con un pugno. «Questo una volta era il fondo del mare e le balene volavano in cielo dove oggi corrono le nuvole!» diceva guardando verso l’alto, mentre le nuvole leggere stavano immobili nell’azzurro.
«Non ti credo!»
Lui mi guardò serio. «Perché non mi credi?»
«Perché mi stai raccontando una favola!»
«Ti sto dicendo una cosa molto seria! La pianura, quando Dio l’ha creata, era coperta di acqua. Il grande fiume Po è l’ultimo pensiero rimasto di quel mare che una volta correva sopra le nostre teste, e sopra le nostre teste, nelle correnti, nuotavano le balene.»
«Non ti credo, mi stai raccontando delle favole, e io non sono un ragazzo che vuole ascoltare le favole!» risposi alzandomi in piedi.
(Finito di leggere domenica 9 dicembre 2018)