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“E’ stata una via crucis”.

Quante volte l’avete sentito dire da colleghi, amici o familiari e sicuramente non in senso positivo.

Eccome come la definisce la Treccani: fare la Via Crucis, esser costretto a passare da persona a persona, o da ufficio a ufficio, per essere ascoltato, per ottenere ciò cui si ha diritto, spesso con molta fatica e scarsi risultati.

Eppure l’unica vera via crucis è quella che ha un lieto fine se pensiamo alla passione del Cristo che oggi si commemora nel Venerdì Santo e al lieto fine della resurrezione.

Questo vale tanto per i credenti quanto per chi non crede.
Se pensiamo infatti alla via crucis questa non finisce davvero con la quattordicesima stazione (la sepoltura) ma con la quindicesima che è la resurrezione.

E’ per questo che ho scelto come immagine le due versioni della Cena in Emmaus di Caravaggio.

I due discepoli parlano della morte del Cristo e della fine della speranza e invece alla fine scopriranno che quello che pensavano fosse morto è risorto e quindi c’è stato il lieto fine.

Quando parlate di via crucis quindi potete usare l’espressione solo per quelle situazioni dove dove dopo tanto tribolare avete risolto il problema o avete raggiunto il vostro obiettivo (altrimenti state parlando di Amleto o di un’altra tragedia shakespiriana).

E’ un po’ come quando si dice: Non esiste film senza il lieto fine perché se non c’è vuol dire che il film non è ancora finito.

Le due versioni della Cena in Emmaus di Caravaggio si trovano a Milano e Londra:

La cena in Emmaus – Caravaggio – Pinacoteca di Brera a Milano

La Cena in Emmaus – Caravaggio – National Gallery a Londra