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Se Mantova fosse Venezia (ma con i piedi per terra)

Il rio, per gli italiani, è un torrentello qualsiasi come dice il dizionario. Per i mantovani, invece, è molto di più: un piccolo Canal Grande che attraversa la città, dal lago Superiore al lago Inferiore, regalando scorci che fanno venire voglia di scattare foto… anche senza filtri Instagram.
Certo qui non ci sono le gondole e le serenate: ci sono gli scorci che rubi passando dai ponti rimasti e passeggiando sul Lungorio o in vicolo Sottoriva.


Le Pescherie sarebbero il ponte di Rialto

Se a Venezia c’è il Ponte di Rialto, a Mantova ci sono le Pescherie di Giulio Romano, un ponte abitato come ad esempio il Ponte Vecchio a Firenze o alcuni dei più antichi ponti di Parigi. Non male, se pensiamo che Giulio Romano era l’architetto di fiducia dei Gonzaga e il progettista di Palazzo Te. Se lo osservate bene questo ponte, tra l’altro, scoprirete che in realtà sono tre ponti e quello centrale è il più antico ed era intitolato a San Domenico, il convento costruito lì accanto. Oggi dal ponte delle Pescherie si ammira l’altro Lungorio, quello originale che si chiama vicolo Sottoriva con gli alberi e con il ricordo delle bugandere – le lavandaie che, molto prima delle lavanderie a gettoni, sciacquavano i panni direttamente nel canale.


Il Rio e i frati (conventuali e predicatori)

Il Rio entra in città dal lago Superiore e incontra subito uno dei conventi più importanti di Mantova, quello dei francescani, e poi incrocia il convento dei domenicani dopo aver fatto un curvone (dove oggi troviamo corso della Libertà). Sulla riva sinistra del Rio il convento di San Francesco, con i frati custodi delle tombe dei Gonzaga; sulla riva destra i domenicani, con la loro chiesa di San Domenico, demolita nel secolo scorso ma con un campanile ancora lì, a fare da testimone.
I frati predicatori, così si chiama l’ordine domenicano, vegliavano sulla Beata Osanna Andreasi e su Giovanni dalle Bande Nere.


Un canale nascosto (ma non del tutto)

Camminare lungo il Rio non è facile: in certi punti scompare sotto le case, i palazzi e addirittura sotto Corso Libertà, trasformato in copertura urbana. Ci sono ancora dei bassorilievi in terracotta a ricordare ciò che è andato perduto anche se sono pochi quelli che se ne accorgono. Camminare in città con gli occhi all’insù è un’abitudine che si è persa per strada.
Eppure non è impossibile seguirlo il Rio, basta ricordarsi dove sono i ponti e percorrere il Lungorio, nato dalla demolizione del convento domenicano, è oggi un punto di ritrovo amatissimo, soprattutto il sabato mattina con il mercato contadino e vicolo Sottoriva, cui si accede da vicolo Scala, un luogo fuori dal tempo e con una serie di panchine che invitano alla sosta, alla lettura o alla meditazione.


Ponti, famiglie e prospettive

Via Massari regala un ponte dal sapore medievale, con le sue due arcate e il pilone a cuneo per evitare che i detriti portati dal canale potessero impedire il deflusso delle acque. Poco più avanti c’è il ponte degli Arlotti, che prende il nome da una famiglia mantovana e apre la vista sull’impianto della Bonifica. Da ultimo il ponte ciclopedonale che attraversa il Rio e lo divide da Porto Catena e che di recente è stato intitolato ad Alexander Langer. Siamo quindi alla foce del Rio e basta chiudere gli occhi per immaginare di poter arrivare da qui fino a Manhattan, un’altra isola urbana come era Mantova prima che le modifiche degli inizi del ‘900 la trasformassero in penisola.


Mantova, città d’acqua e Venezia di pianura

Ecco da dove viene il titolo: se Mantova fosse Venezia, il Rio sarebbe il Canal Grande e il ponte delle Pescherie il nostro Rialto. Invece Mantova è Mantova: città che si nasconde ai cittadini e ai turisti e li costringe a uscire dall’abitudine e ad applicare il pensiero laterale per scoprire i dettagli che la rendono unica.
Un gioco a nascondino che la città dei Gonzaga sembra amare, certa che, alla fine, chi cerca e trova il Rio assapora un pezzo della Mantova più vera, popolare ed autentica.

“Abstract in english”To make these stories accessible to a wider audience, I’ve included short abstracts in multiple languages. They offer a quick preview of the article’s content for readers from different backgrounds.

Mantua’s Hidden Canal: The Secret Grand Canal of the Po Valley”

Hidden beneath bridges, convents, and even entire streets, Mantua’s Rio is far more than the “small stream” its name suggests in Italian. Flowing from the Upper Lake to the Lower Lake, it unveils glimpses of the city that rival Venice’s charm—without gondolas or postcards clichés. From Giulio Romano’s Pescherie, Mantua’s own Rialto Bridge, to forgotten convents and medieval crossings, the Rio tells stories of monks, washerwomen, and noble families. Following its course requires curiosity and imagination, but those who do will discover Mantua’s most authentic soul: a hidden waterway that turns the city into a “Venice of the plain.”

«Résumés en français»Pour rendre ces récits accessibles à un plus large public, j’ai ajouté de courts résumés en plusieurs langues. Ils offrent un aperçu rapide du contenu de l’article aux lecteurs de différentes origines.

“Le Rio di Mantova: un Grand Canal insoupçonné en plaine”

À Mantoue, le Rio n’est pas un simple ruisseau comme le laisse entendre son nom, mais une véritable artère d’eau qui relie le lac Supérieur au lac Inférieur. Entre les Pescherie de Giulio Romano, pont habité rappelant le Rialto de Venise, les anciens couvents franciscains et dominicains, et les passerelles médiévales encore visibles, ce canal secret révèle une ville inattendue. Tantôt visible, tantôt englouti sous les maisons et les rues, le Rio raconte l’histoire des lavandières, des familles nobles et des habitants. Le suivre, c’est redécouvrir une Mantoue authentique, populaire et poétique—une “Venise de la plaine” qui joue à cache-cache avec ses visiteurs.

Tutti i testi di questo blog sono di Giacomo Cecchin