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Quando vado in biblioteca guardo sempre tra le novità appena acquistate e prendo dei libri che mi incuriosiscono a volte per il tema o anche semplicemente per la copertina. All’inizio del mese di agosto ho trovato per caso HAIKU. For a season, un libro di poesie di Andrea Zanzotto.
Leggere poesia mi piace* anche se comporta un impegno totale e per questo di regola la affronto durante la pausa estiva. Ebbene questo libro mi ha colpito molto perché non sapevo che Andrea Zanzotto avesse scritto degli Haiku e soprattutto perché si è trattato di una scrittura terapeutica.
Il poeta veneto agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso era entrato in depressione e faceva fatica a comporre. Tra la primavera e l’estate del 1984 gli haiku gli consentirono di non perdere la parola e di ritrovare la voglia di comporre. Tra l’altro compose queste piccole poesie in inglese e solo successivamente le tradusse in italiano. E’ per questo che nel libro si trovano la versione originale e il testo a fronte che però in questo caso sono frutto del lavoro della stessa persona.
Ecco come lo stesso Andrea Zanzotto descrive la sua situazione nel 1984:
“E’ stato un momento cupissimo, come se fossi stato immerso in una palude limacciosa, anzi una fogna, e le parole – pochissime, all’inizio simili a crampi verbali – mi venivano fuori alla stregua di bolle. Gargarizzavo un flusso di frammenti e variazioni, ritorni e ripensamenti, con ibridazioni linguistiche.
Oscillavo tra il mutismo e un balbettio di pochi vocaboli, drenando degli pseudo-haiku che, in una specie di effetto calamita, si congegnavano a gruppi, a coroncine. Li componevo in un inglese ridotto quasi al grado zero, minimo e minimalista, perché quella lingua la conoscevo poco  ma mi piaceva esplorarla. E lo stile si plasmava da sé. Di rado affioravano anche formazioni in un dialetto comunque stremato o mi aggrappavo a intarsi in un italiano lucente, forse per un inconsapevole omaggio alla lingua di Dante, Petrarca e Ariosto, e più probabilmente per notificarmi presente a me stesso con un bip-bip vitale…Ma, nel mio stato patologico, a prevalere erano quelle stille che spesso esprimevo in un neoinglese “petèl”, cioè il linguaggio pre-logico e vezzeggiativo che utilizzano le madri e le nutrici cullando i figli ancora nel nido della prima infanzia…un tuffo nell’oralità perpetua… Versi che non possono forse dirsi “inglesi” e che tuttavia in qualche modo lo sono”. pag. 104.
Questo brano si trova nella postfazione scritta da Marzio Breda che a pagina 105 aggiunge: “Raccontava (Andrea Zanzotto – aggiunta mia) che ispirarsi “in libertà”- ecco perché li chiamava pseudo-haiku – ai codici della tradizione giapponese (17 sillabe, ripartite in tre versi, dei quali due quinari alternati a un settenario) gli aveva consentito di superare la fase forse più critica dell’esistenza. Erano stati uno strumento di auto-aiuto. Aggiungeva di averne ricavato, con il diario che aveva ripreso a tenere, una prova del principio freudiano per cui il nevrotico è un malato che si cura con la parola. Anzitutto la propria, e infatti per lui la poesia era “una forma di particolarissima autoanalisi”. Cioè “ferita e farmaco”, in un processo di continui ondeggiamenti, slogature e prospezioni dentro l’inconscio (e per lui dentro le ragioni fondanti della letteratura) più che un semplice “pensare contro se stessi”, secondo la convenzione di Jacques Lacan”.
Eccovi allora quattro haiku che mi sono piaciuti particolarmente nella versione originale in inglese e nella traduzione italiana.

A man said “Don’t weave mist” –
this weaving – yet his filaments
everywhere vanishing-
in dazzling memories turn, twist

Qualcuno disse “No filar caivo”-
questo tessere-pur i suoi filamenti
evanescenti ovunque-
mutano, girano in memorie splendenti (pagina 10)

Yellow joy,
blackbird pecking in the meadow
grains of dawn

Gialla gioia,
il merlo becchetta nel prato
grani d’alba.  (pagina 16)

After the storm the wheat keeled over
the cherry-tree ruffled and robbed
only the poppy wins
and wins in the wind

Dopo la tempesta il frumento inginocchiato
il ciliegio arruffato e derubato
solo il papavero vince
e vince nel vento (pagina 66)

A subtlest breeze the poppies reveal,
mystic mini-anemometers
my eventual self reveal

Una sottilissima brezza rivelano i papaveri,
mistici mini-anemometri
il mio fragile io rivelano (pagina 72)

Un bel libro davvero.
HAIKU – FOR A SEASON – Andrea Zanzotto – Lo Specchio – Mondadori
In quarta di copertina un altro haiku

Waves of mist and certitude
in a remote silver paddle:
nearing, nearing memory

Onde di nebbia e certezza
in una remota pagaia d’argento:
arriva, arriva la memoria
Per chi volesse leggere altri articoli sulla poesia su questo blog:
– La forza della poesia e l’arte contemporanea: una suggestione e 10 luoghi comuni
– La poesia del ponte di barche
– Mi prende d’amore una forma: giovedì 3 maggio ore 21.00 a Castel D’Ario

A chi interessano gli haiku invece suggerisco la pagina su wikipedia e alcuni spunti su come scrivere un haiku.