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Il Rio è il canale che divide Mantova in due parti e che collega il Lago Superiore al Lago Inferiore. E’ tutt’ora scavalcato da ponti anche se i mantovani non se ne accorgono visto che l’abitudine è un’arma potente per uccidere lo sguardo. Questo piccolo corso d’acqua è al centro dell’ultimo grande cambiamento che a mio parere sconvolge Mantova e che dal punto di vista del centro storico la fa essere oggi completamente diversa da quella che conoscevamo fino al 1866. E’ proprio quello l’anno in cui la città diventa italiana e iniziano quei dibattiti e confronti che in vista di una modernizzazione del centro porteranno alla demolizione delle mura e alla parziale copertura del Rio. Questa scelta che oggi grida vendetta nel cuore dei mantovani è dovuta in realtà all’esigenza di creare un collegamento viario che collegasse direttamente e senza ostacoli i tre assi viari cittadini: quello popolare di corso Garibaldi, quello del principe nel tratto di via Principe Amedeo e quello borghese di Corso Pradella.
Ma non anticipiamo le cose. In ogni caso ecco perché ho scelto il 1957 come anno decisivo all’interno dei 10 giorni (+ 2) che hanno cambiato la storia di Mantova.
Il Rio, Alberto Pitentino e la città della seconda cerchia
Il Rio è un canale artificiale o naturale? Lo ha creato Alberto Pitentino da zero oppure partendo da un tracciato già esistente? Non lo so, non c’ero in quel fine secolo che sarebbe sfociato nel 1200. Eppure forse se guardiamo al suo infilarsi nel centro storico facendo un po’ di curve possiamo pensare che il Rio fosse un piccolo corso d’acqua naturale scavato da Pitentino per allargarlo e renderlo efficiente per il suo uso di scolmatore e di strumento di equilibrio per il livello dei laghi. Qui arrivava la cosiddetta città della seconda cerchia, ovvero il perimetro del centro storico in epoca comunale e fino alla metà del quattrocento quando si iniziò ad urbanizzare anche il cosiddetto suburbio che arrivava fino alla cosiddetta Fossa Magistrale.
Ludovico II fece costruire la chiesa di San Sebastiano, poi fu la volta della Casa del Mantegna e alla fine anche del Palazzo di San Sebastiano. Qui finiva quindi la città della terza cerchia, proprio di fronte all’Isola del Tejeto. Il Rio quindi era un confine, una separazione tra la città e il suburbio, un fossato a protezione della parte meridionale di Mantova.
I ponti sul Rio
Oggi per accorgersi del Rio occorre passare sui suoi ponti, o almeno su quelli rimasti. E’ impossibile infatti passeggiare lungo il Rio se non in due tratti che però sono stati realizzati in tempi recenti. Sto parlando del Lungo Rio nei pressi delle Pescherie che nasce dopo il parziale crollo dell’edificio del Macello (1843) e apre un collegamento diretto tra il ponte di San Silvestro e quello di San Domenico. E aggiungo vicolo Sottoriva, che è il luogo dove esisteva una discesa verso il Rio che era la cosiddetta Riva delle bugandere, le lavandaie che sciacquavano i panni nel canale. Il Rio visto che era utilizzato come scarico fognario, come luogo per smaltire i residui della macellazione e del mercato del pesce e come luogo utilizzato da una serie di attività manifatturiere cittadine (dai mulini alle concerie) doveva essere chiuso tra i muri delle case e dei palazzi, una sorta di camino che convogliava gli odori verso l’alto.
Ecco allora la sequenza dei ponti sul Rio, snocciolata come se fossero i nomi dei sette nani.
Si parte dal ponte di San Francesco (nei pressi della chiesa omonima), poi si arriva al ponte di San Giacomo (in prossimità della cancellata che chiude l’accesso al Rio da Piazza Cavallotti) che è stato collegato con la copertura del Rio al ponte di San Silvestro (che finisce con la spalletta alla sinistra della scalinata che sale verso il Lungo Rio. E’ la volta poi del ponte di San Domenico oggi chiamato delle Pescherie e poi del ponte di Via Massari da cui si scorge, d’inverno e quando l’enorme albero perde le foglie, il ponte degli Arlotti che era l’ultimo prima di Porto Catena.
Mantova fortezza, una città bloccata
Come abbiamo già evidenziato parlando della demolizione delle mura anche per la copertura del Rio occorre vedere il bicchiere mezzo pieno. Mantova infatti era una città fortezza bloccata nel suo sviluppo e che arriverà ad avere il primo giardino pubblico solo con l’interramento dell’Ancona di Santa Agnese (oggi piazza Virgiliana). I primi interventi in città nascono proprio dalle soppressioni delle chiese, conventi e monasteri intervenute ad opera dell’imperatore d’Austria Giuseppe II e di Napoleone. Nei pressi di due ponti sul Rio saranno infatti demolite le chiese di San Giacomo e San Silvestro aprendo la via agli interventi successivi che interesseranno il canale. Ci sarà poi il crollo del Macello con la creazione del Lungo Rio ma sarà soprattutto la demolizione del convento di San Domenico (1925-1927) a dare il là al progetto di copertura di un tratto del canale trasformandolo nell’attuale corso della Libertà. Il Rio è infatti una via di collegamento perfetta e senza barriere tra le due parti di Mantova. A questo punto dopo aver creato il proseguimento di via Frattini e via XX settembre con via Matteotti manca solo un tratto di strada per arrivare fino a Corso Vittorio Emanuele.
Negli anni ’50 si parte con la copertura del Rio
Dopo tante idee progettuali negli anni ’20 e ’30 del Novecento sarà solo nel dopoguerra che sarà attuata la copertura di un tratto del Rio. In questo modo finalmente si sarebbe creato quell’asse viario continuativo e senza barriere che collegava i tre assi portanti dell’urbanistica del centro storico: corso Garibaldi (l’asse popolare), via Principe Amedeo (l’asse del Principe o della nobiltà) e corso Vittorio Emanuele (l’asse della borghesia). Se ci si fosse limitati alla copertura del canale forse il progetto sarebbe stato meno impattante. Ma sapete come sono gli architetti e gli impresari edili, quasi sempre si allargano e qui lo hanno fatto abbastanza. Alla copertura del canale infatti fa seguito la demolizione dei vecchi quartieri considerati insalubri e fatiscenti con la creazione di edifici moderni che, grazie ai moderni portici a doppia altezza, diventano il nuovo cuore commerciale della città collegando corso Umberto a via Roma. Rimane traccia della Mantova con il Rio scoperto in due bassorilievi in terracotta che si possono notare, nell’angolo sopra il portico a sinistra di corso della Libertà andando verso piazza Martiri. La prossima volta che passate di là provate ad alzare gli occhi e capirete cosa abbiamo perso.
Quell’ultimo ponte e il progetto delle Pescherie
Dopo anni di immobilismo, finalmente si torna a lavorare sul Rio e stavolta per fortuna non in ottica demolitrice ma di sviluppo. Ecco allora la costruzione del ponte su Porto Catena che non ha ancora un nome e quindi potremmo chiamare “quell’ultimo ponte”, perché in effetti è davvero l’ultimo prima del porto. E’ un intervento che ha cambiato profondamente questa parte di Mantova aprendo nuovi flussi pedonali e ciclistici e portando i mantovani sulla banchina di Porto Catena. Oggi basterebbe investire su un locale o su una zona di aggregazione per rendere unica questa area della città. Il progetto ancora da completare ma con il più alto potenziale turistico per Mantova è invece quello della Fondazione Pescherie di Giulio Romano che riporterà i mantovani sulle rive del Rio ma soprattutto consentirà di recuperare anche il cosiddetto portico delle Beccherie (quello che si trova sotto il Lungo Rio) e di osservare da sotto il triplice ponte delle Pescherie, scoprendo un unicum all’interno della città. Se volessimo sognare infatti, basti pensare che se fossimo a Venezia il Rio sarebbe il Canal Grande e le Pescherie il ponte di Rialto.
Per approfondire
– I ponti sul Rio a Mantovagando: li ricordate tutti?
– Il cantiere delle Pescherie sulla riva del Rio con Giacomo Cecchin, un’altra puntata di Mantova Segreta
– Il progetto della Fondazione Pescherie di Giulio Romano https://fondazionepescherie.it/
– Quell’ultimo ponte dal sito del Parco del Mincio – Il time lapse del cantiere
Questo è l’ultimo appuntamento di una serie dedicata ai 10 giorni che hanno cambiato la storia di Mantova. Dopo averne parlato all’Università della Terza Età di Mantova ho deciso di aggiungere altre due date. E qui si ferma davvero una serie di post che mi ha consentito di raccontare Mantova in sintesi e in modo divertente e stimolante (almeno secondo me).
Eccovi la serie completa.
I 10 giorni (+2) che cambiarono la storia di Mantova
1. 1422 La fondazione di Mantova da parte di Manto
2. 15 ottobre 70 A.C. Il Compleanno di Virgilio
3. 804 la scoperta della reliquia del Sangue di Cristo (12 marzo 1048 – sabato)
4. 24 luglio 1115 la morte di Matilde di Canossa (sabato)
5. 1190 intervento di Alberto Pitentino
6. 16 agosto 1328 i Gonzaga prendono il potere (martedì)
7. 16 giugno 1465 Mantegna inizia a dipingere nella Camera degli Sposi (domenica)
8. 2 aprile 1530 la festa a Palazzo Te per Carlo V (sabato)
9. 18 luglio 1630 il Sacco di Mantova (giovedì)
10. 7 dicembre 1852 L’esecuzione dei Martiri di Belfiore (martedì)
11. 3 marzo 1883 La demolizione delle mura di Mantova (sabato)
12. 1957 La copertura del Rio
Con le sue spiegazioni possiamo vedere la nostra bella mantova ancora + bella e riusciamo a “sentirla” vivere…grazie ancora una volta…
Buongiorno Nicoletta e grazie per queste belle parole.