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Mantova è un rebus per gli italiani che spesso non sanno dove collocarla (gli stessi milanesi a volte si confondono ma si sa per loro il mondo finisce a Porta Romana). Per questo a volte finiamo in Veneto o spesso in Emilia ma quasi mai in Lombardia. E’ una storia a sé che viene dalle vicende dei Gonzaga che hanno mantenuto indipendente la loro enclave dal 1328 al 1708 quando si chiude il loro dominio con la morte di Ferdinando Carlo, l’ultimo duca che già aveva lasciato la città nel 1707.
Forse da qui, dal Sacco del 1630 e dalla nebbia che tutto avvolge deriva anche una sorta di tristezza dei mantovani che me li fa definire degli emiliani di cattivo umore (parafrasando un celebre detto di Jean Cocteau). E questa dei mantovani tutti tristi viene stigmatizzata anche in alcune filastrocche. Ne riportiamo una e si tratta di decidere cosa avremmo preferito essere invece di tristi tra “tuti matti” e “Brusa Cristi”. Voi? io un’idea ce l’ho!
Venesiani gran signori,
Padovani gran dottori
Vicentini magna gatti
Veronesi tutti matti
Bergamaschi brusa Cristi
Mantovani tutti tristi.
N.B Il testo della filastrocca è tratto da G.Tassoni – Proverbi e indovninelli.Folklore mantovano, Firenze, Olschki 1955, p.187. Il proverbio in veneto finisce anche a volte con Trevisani radicioni, con Rovigo no me intrigo.
Giacomo Cecchin
http://www.mantovastoria.it

Giunto nella splendida Mantova dallo sprofondo dell’oltrepo, posso dire che la tristezza è (quasi) tutta dei mantovani di città.
Credo che trecento anni di militari austriaci chiusi dentro a un’isola fortificata abbiano contribuito non poco a formare il carattere dei cittadini.
Speriamo che prima o poi prendano atto che l’occupazione è finita 150 anni fa e inizino a scongelarsi.
Che tra emilianni e mantovani ci siano delle affinità credo sia ormai conclamato, ma tutta sta gran tristezza…non la vedo! Forse è il paragone con gli emiliani i quali, generalizzando, sono moooolto gioviali che fa apparire un mantovano più triste. Penso sia solo questione di percezione.
E comunque, con tutto il rispetto per gli amici piacentini, sarei pronto domani a barattare con la Lombardia la città di Piacenza con Mantova. Ma non so se i mantovani sarebbero d’accordo.
Mi piacerebbe fare una piccola inchiesta a proposito. Che ne dici Giacomo?
P.S.: il sottoscritto è di Bologna…
Quante storie si potrebbero raccontare su Piacenza (provate a leggere qui https://mantovastoria.wordpress.com/2015/09/20/uccidere-una-citta-quando-la-storia-presenta-il-conto/ ) …ma penso che noi mantovani saremmo d’accordo anche perchè così si ricomporrebbe il mondo piccolo di cui parla Giovannino Guareschi. Grazie per il commento!
Da curiosa prof di Storia dell’arte, è da una vita vita che agogno di visitare Mantova sulle orme dei Gonzaga…la prossima settimana si realizza il mio desiderio.Davvero tutti tristi?Non lo so ma l’Alberti e Giulio Romano sono impagabili. La tristezza spero sia leggenda.
Cara Antonella, da mantovano (anche se con cognome veneto) direi che in effetti tutti tristi non siamo e alcuni cieli di Lombardia sono tra i più belli che si possano trovare in Italia. Poi Mantova è un po’ come Venezia: di una bellezza abbagliante e tale per cui la tristezza dura poco, basta guardarsi in giro. Grazie per il suo commento e, se avesse bisogno di dritte per la visita alla città, non esiti a farmelo sapere o a consultare il blog. Se le restasse tempo ad esempio visiti al mattino Casa Andreasi in via Frattini 9. Buona giornata e grazie del commento.
Ciao, sono un “Burlagiò” termine con cui i milanesi indicano chi lascia Milano per trasferirsi più a sud, caduto in basso. Quindi sono nato a Milano città da genitori milanesi e famiglie di origine milanese e anche mantovane. I miei genitori per questioni di lavoro si sono trasferiti a Mantova quando avevo solo 2 anni, e anche se in casa mia è sempre stata una Milano sono 58 anni che sono mantovano a tutti gli effetti. Anni ’60, i ricordi di infanzia si perdono in una Mantova nebbiosa e quasi deserta, poche auto molto silenzio, vie e strade di sasso, case antiche, qualche bar aperto, turisti ce n’erano per vedere il palazzo ducale e basta, palazzo Te era ancora terra di nessuno i cancelli erano aperti, i giardini incolti e si entrava a giocare. Oggi Mantova è diversa, sembra riscuotersi da uno stato di apatia, in anni di isolamento e provincialismo, ha rivalutato oramai da tempo il proprio valore storico e mostra con orgoglio la terra e le tradizioni uniche che le appartengono, e lasciatemelo dire, molti si sognano un ambiente spettacolare come il mantovano, la natura e la campagna del po, il mincio, i laghi… in una splendida giornata di sole gli zii di Milano camminavano in centro a Mantova incantati e con la bocca aperta. Oramai siamo in un epoca dove non si possono fare distinzioni, i mantovani sono come tutti gli altri, non sono affatto un rebus, hanno si dialetti di confine ma sono lombardi a tutti gli effetti, magari un po’ supponenti, disfattisti tanto che a Milano si diceva “mantovan facia de spusa” ma per nulla tristi, anzi, a noi la nebbia piace.