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Statua di Virgilio nel Giardino Cavriani

Mantova è da sempre la Virgiliana e il fatto che Virgilio fosse nato in zona (Andes, ma dove si trova davvero Andes? Se ne discute tuttora) l’ha resa famosa anche quando era una piccola città romana. Dante arriva in città sulle tracce di Virgilio, Petrarca compra qui un codice virgiliano su cui scrive come si fa tuttora “emptus Mantue” (comprato a Mantova) e quanti altri hanno sognato le placide acque del Mincio cantate dal poeta. Eppure Virgilio a Mantova sta poco e anche di tracce direttamente legate a lui non se ne trovano salvo le statue e anche qui… La più famosa non esiste più: una tradizione la vuole in piazza Erbe e che Carlo Malatesta, tutore di Gianfrancesco Gonzaga (siamo nella prima metà del quattrocento), la distrugga per punire l’idolatria dei mantovani nei confronti del poeta. Il busto di Virgilio si trova all’interno dello stemma comunale e la sua testa laureata esce da una fontana in un affresco di Palazzo te ma sono ancora molte le statue di Virgilio che si trovano a Mantova. Ne elenchiamo 5 ma ce ne sono altre e lasciamo a voi il compito di scoprirle…

Piazza Virgiliana – in questa piazza si trova la più grande tra le statue e non poteva essere diversamente visto che il giardino si intitola a Virgilio. Lo slargo creato dai francesi durante la dominazione napoleonica era già decorato con un busto del poeta, ritirato dagli austriaci come “damnatio memoriae” nel 1821. Il monumento attuale risale al ventennio (1927) e ne sono testimoni lo stile magniloquente e pesantemente retorico. Forse anche per questo i mantovani non vi si sentono molto legati.

Palazzo del Podestà – qui il discorso cambia. La statua di Virgilio in cattedra addossata alla facciata del Palazzo del Podestà è la più amata dai mantovani (che la chiamano familiarmente “la vecia”, la vecchia). La scultura è del 1227 (l’anno cui risale il palazzo) e rappresenta il poeta in veste di professore universitario con il banco per scrivere sulle ginocchia e il berretto dottorale in testa. Virgilio osserva bonariamente i passanti che animano piazza Broletto e che quasi sempre gli dedicano un’occhiata beneaugurante (che avesse ragione il Malatesta sull’idolatria dei mantovani?)

Palazzo di San Sebastiano – all’interno del museo della città sta la statua “gemella” di quella del Podestà. Sempre realizzata nel medioevo, sempre in veste dottorale con il banco per scrivere e il calamaio dove intingere il calamo ma con un’aria più seriosa e arcigna. E’ una statua itinerante questa: proviene forse dal Palazzo della Ragione? E allora la storia di Carlo? Virgilio transita poi dalla galleria di Passerino in Palazzo ducale per poi arrivare all’attuale collocazione quasi a immagine del continuo itinerare del poeta che nato a Mantova, visse a Roma, morì a Brindisi e fu sepolto a Napoli.

Giardino Cavriani – Siamo nel 1826 e il marchese Luigi Cavriani decide di dare maggior aria alla facciata del suo imponente palazzo e compra una serie di edifici che lo fronteggiano. Li rade al suolo e realizza un giardino che orna con 13 busti di mantovani illustri ma soprattutto con una statua marmorea di Virgilio. Il marchese Cavriani lo fa esplicitamente per riempire il vuoto lasciato dal busto di piazza Virgiliana ritirato e posto in municipio dagli austriaci nel 1821 in piena restaurazione. Ed eccolo qui il nostro poeta sul piedestallo a dominare un giardino (terminato nel 1835) che lo vede generale in capo alle spalle dei busti dei tredici mantovani illustri scelti dal Cavriani che, affacciandosi al balcone, poteva intessere con loro un muto confronto ma per lui sicuramente ricco di stimoli.

Bosco Virgiliano – anche qui c’è lo zampino del ventennio (1930) e del fascismo che recupera l’identità romana e che celebra insieme ad Augusto Virgilio il celebratore della famosa “pax” ottenuta grazie alla guerra. Nel bosco vengono piantate essenze virgiliane e sul fondo del vialone alberato, al centro di un’aiuola rotonda si trova il busto del poeta. Chissà quanti ancora arrivano sin qui per omaggiare Virgilio, leggendo le Bucoliche, le Georgiche o l’Eneide. Eppure siamo nel luogo più vicino ad Andes e in quello che forse più richiama l’aspetto naturalistico e agreste del poeta che negli altri casi sembra accettare a malincuore la sua sorte di monumento ignorato dai più e bombardato dai piccioni.

Giacomo Cecchin

#Mantova2016

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