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In molte città ci sono luoghi che appaiono assolutamente normali però basta conoscerne un po’ la storia perché appaiano più spettrali o per meglio dire oscuri. Chi infatti pensa alle forche dei Martiri di Belfiore quando passeggia sul lungolago oppure non fantastica sul nome del Palazzo del Mago. Senza dimenticare tutta l’area di San Nicolò che sarà oggetto di un importante piano di riqualificazione e che vide non solo la presenza di due aree cimiteriali ma fu anche destinata a campo di concentramento mantovano durante la seconda guerra mondiale. E infine Sparafucile dove lo mettiamo con la sua storia equivoca celebrata da Giuseppe Verdi. Ebbene allora ecco altri 5 luoghi da aggiungere al nostro personale itinerario della Mantova oscura.

Palazzo del Mago – il nome non si sa da dove venga eppure ogni volta che a Mantova si dice Palazzo del Mago non si può fare a meno di immaginare storie di incantesimi e magie. Forse come dice il sito del Festivaletteratura la denominazione nasce dai frati che studiavano le costellazioni e compilavano i calendari che raccontavano degli influssi delle stelle. L’edificio in realtà fu convento delle monache cappuccine (si chiama così il teatro ricavato nella cappella barocca) e poi dopo la soppressione fu trasformato in ospedale militare nel 1786 per volere dell’imperatore Giuseppe II (lo ricorda la lapide posta all’ingresso dove sta scritto “sanando militi”). Qui inizialmente c’era anche il cimitero per i soldati spostato poi nell’area di San Nicolò (vedi oltre). Un’ultima curiosità: nella sua guida su Mantova Gaetano Susani parla di una capienza dell’ospedale per 1500 ricoverati ma soprattutto della loro fortuna di “avere il comodo di far bagni salubri somministrato dalle vicine acque del lago” (pensando ai laghi oggi: Mala Tempora Currunt).

L’Inquisizione e San Domenico – a Mantova l’Inquisizione non ebbe grande fortuna in quanto fortemente osteggiata dai Gonzaga che non volevano intromissioni nel loro potere. Eppure anche in città ci fu un tribunale dell’Inquisizione che aveva sede presso il convento di San Domenico di cui oggi rimane solo il campanile. Qui c’erano anche le celle in cui venivano imprigionati i sospettati. Famoso inquisitore fu Camillo Campeggi che arrivò a incarcerare Endimio Calandra, già segretario del Cardinale Ercole Gonzaga, e Giovan Battista Bertani, l’architetto del duca Guglielmo Gonzaga che riuscì a farlo liberare non senza che Bertani fosse costretto ad una pubblica abiura. Dalle fonti si sa che soprattutto nel periodo della Controriforma le carceri domenicane non bastavano e gli inquisitori chiedevano ospitalità per gli imputati anche ad altri conventi.

La Valletta di Belfiore –  un nome che tutto farebbe venire in mente meno che un luogo dove si tennero le esecuzioni dei Martiri di Belfiore. Eppure fu proprio qui, subito fuori dai bastioni cittadini che furono uccisi nel 1852 i patrioti che congiurarono contro l’Austria. Oggi li ricorda un monumento che inizialmente era stato eretto al centro di Piazza Sordello e poi successivamente smontato era finito un po’ qui e un po’ lì per essere poi ricomposto nel 2002 in occasione dei 150 anni dalle esecuzioni. Oggi chi passa di qui fa fatica a rendersi conto di quanto dovesse sembrare spettrale questo luogo nel dicembre del 1852 con i bastioni della città fortezza e le forche erette dai boia austriaci. Per non dimenticare.

Il Voltone dell’Arengario – proprio al centro della città, in piazza Broletto (una delle piazzette più eleganti di Mantova) troviamo le tracce di un passato oscuro, ricordato anche nel nome di via Giustiziati. A onor di cronaca dobbiamo anche dire che la piazza si chiamava delle carceri per le prigioni che si trovavano nella torre del Palazzo del Podestà. Ma quello che qui ci interessa sono gli anelli in ferro appesi sotto il voltone dell’Arengario: servivano a dare la tortura dei tratti di corda. I condannati venivano appesi con una corda legata ai polsi incrociati dietro la schiena. Poi si tiravano su e già, i tratti di corda appunto. Il nome “giustiziati” deriva invece da un oratorio così chiamato e dedicato ai prigionieri qui costruito nel 1398.

Locanda di Sparafucile – l’unica torre rimasta delle fortificazioni del Borgo di San Giorgio oggi per tutti i mantovani è la Rocca di Sparafucile. Un nome da opera e infatti è proprio quello del sicario che accetta di uccidere il duca di Mantova su incarico del buffone Rigoletto. La Rocchetta diventa quindi una delle location verdiane della città: l’osteria di Sparafucile (che si chiamava Saltabadil nella versione originale del dramma “Le Roi s’amuse” di Victor Hugo). E’ qui che si consuma la tragedia con Rigoletto che si vede consegnare un sacco dove dovrebbe esserci il duca e invece si scopre che si tratta dell’amatissima figlia Gilda. La scena dove il buffone canta soddisfatto prima di lanciare il sacco nel lago ma sente la voce del duca cantare “La donna è mobile” è una delle più intense e struggente della lirica.

Giacomo Cecchin

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