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Quante sono le feste di Natale? In Inghilterra c’è una famosa canzone tradizionale (ne ho parlato qui) che parla dei 12 giorni di Natale (guardate cosa ne dice wikipedia). Sì perché tra la Vigilia di Natale e l’Epifania le feste sono tante e può essere utile ripercorrerle, anche solo per tornare un po’ bambini.

Ho scritto un articolo su Gazzetta di Mantova che parla proprio di queste feste cui ho aggiunto un piccolo passaggio sui santi mantovani e sui santi cui i mantovani sono particolarmente legati o devoti.

Tra l’altro mi ha fatto particolarmente piacere ricordare un proverbio mantovano che riporto nella versione in dialetto e in traduzione per chi fa fatica a capirlo. E’ un modo per sottolineare come dopo Santa Lucia è vero che sta per iniziare l’inverno vero ma stiamo anche andando verso la primavera, annunciata dalle giornate che si allungano.

Ecco il proverbio.
Par Santa Lùsia [13 dicembre] na punta ’d gùcia,
par Nadal (25 dicembre) on pe ‘d gal,
par Pasqueta [Epifania, 6 gennaio] n ‘oreta,
par Sant ‘Antoni [17 gennaio] n’ora bona,
par San Gioan [Giovanni Crisostomo 27 gennaio] na gamba ‘d scan.

La traduzione per gli extramuros: Per Santa Lucia la punta di un ago, per Natale la zampa di un gallo, per l’Epifania un’oretta, per sant’Antonio abate un’ora buona e per San Giovanni una gamba di sgabello.

Qui di seguito potete leggere l’articolo completo o andarvi a leggere anche l’altro articolo della stessa serie che trovate qui e che è dedicato alla Mantova del 1915.

Il calendario delle feste tra Santa Lucia, il Presepe e i Re Magi

Qualcuno pensa che il calendario con l’indicazione dei santi del giorno sia uno strumento superato. Invece io sono convinto che, anche chi ha dimenticato completamente il catechismo, sia legato ad alcune festività che cadono in periodi particolari e la cui data è strettamente legata al calendario liturgico. Pensiamo ad esempio al Ferragosto o a Ognissanti (che consente di festeggiare Halloween il 31 ottobre in libertà, visto che il giorno dopo non si lavora) o all’Immacolata che da il via alla vertiginosa rincorsa verso il Natale. Per l’8 dicembre la tradizione dice che si fa il presepe o l’albero di Natale e, per i meno devoti, si apre la stagione sciistica.

A Mantova questo periodo natalizio si apre in realtà con la festa di Santa Lucia, il 13 dicembre, che secondo alcuni sarebbe il giorno più breve dell’anno. La santa aveva origini siracusane e fu sottoposta a diverse torture che culminarono con l’accecamento. Per questo nell’iconografia di Santa Lucia c’è quasi sempre un piatto o vassoio con gli occhi simbolo del suo martirio. E forse per questo il suo nome Lucia e il suo accecamento sono legati al giorno forse più breve dell’intero calendario. E’ interessante riportare alcune note dell’avvocato Paolo Pescasio che parla proprio della festa di Santa Lucia. C’è un proverbio mantovano che propone come aumenta la luce in progressione una volta superato il 13 dicembre: Par Santa Lùsia [13 dicembre] na punta ’d gùcia, par Nadal (25 dicembre) on pe ‘d gal, par Pasqueta [Epifania, 6 gennaio] n ‘oreta, par Sant ‘Antoni [17 gennaio] n’ora bona, par San Gioan [Giovanni Crisostomo 27 gennaio] na gamba ‘d scan. La traduzione per gli extramuros: Per Santa Lucia la punta di un ago, per Natale la zampa di un gallo, per l’Epifania un’oretta, per sant’Antonio abate un’ora buona e per San Giovanni una gamba di sgabello. Forse non è scientificamente corretto ma da un’idea precisa del fatto che i giorni tornino ad allungarsi. Santa Lucia è anche la festa più attesa dai bambini mantovani (ai miei tempi molto più di Natale) e potremmo definirla la “Notte dei Campanelli” perché i genitori, per far andare a letto i bambini, escono di casa e suonano un campanellino che dovrebbe segnalare il passaggio dell’asinello della santa. La tradizione vuole infatti che per avere i doni la santa debba trovare i bambini a letto addormentati. Un’ultima curiosità è che i regali di Santa Lucia non sono impacchettati ma vengono lasciati con la scatola originale o anche montati (costringendo i genitori ad una maratona notturna ripagata però dalla gioia dei bambini che trovano i doni al mattino presto). Sempre Paolo Pescasio ricorda come, secondo una tradizione che non conoscevo, sia nata l’abitudine di fare i doni ai bambini in occasione della festa di Santa Lucia il tutto discenderebbe da un’epidemia di tracoma nei bambini a Mantova intorno al 1600. Per impetrare la guarigione dei ragazzi, i genitori portarono i bambini affetti dalla malattia dentro le chiese a piedi nudi. Visto che si era in pieno inverno,  per vincere l’opposizione dei bambini la cura, avrebbero promesso  che al rientro a casa avrebbero ritrovato le loro scarpe piene di regali. Probabilmente nasce proprio da qui l’espressione dialettale mantovana “métar foera la scarpa” che si usa quando uno si aspetta un regalo da un’altra persona. Questo significato nasce dalla tradizione delle scarpe piene di doni e dalla tradizione (riportata da Paolo Pescasio) seguita dai ragazzi mantovani, di mettere in bella vista, la sera di Santa Lucia, le scarpe perché vi siano deposti i regali. A Mantova la chiesa di Santa Lucia era nell’attuale via Frattini (oggi è stata trasformata in spazio multifunzionale), dove rimangono le tracce di uno dei conventi più grandi di Mantova in attesa di essere valorizzato.

Le festività natalizie proseguono con la notte della Vigilia di Natale dove è usanza che il più piccolo componente della famiglia deponga la statuetta del bambin Gesù nella mangiatoia del presepio. E’ interessante questa tradizione del presepe che nasce dall’idea di Francesco d’Assisi che nel Natale del 1223 a Greccio decise di organizzare una viva rappresentazione della Natività del Signore. Ecco cosa si scrive nella Legenda di San Francesco: “Come il beato Francesco, in memoria del Natale di Cristo, ordinò che si apprestasse il presepe, che si portasse il fieno, che si conducessero il bue e l’asino; e predicò sulla natività del Re povero; e, mentre il santo uomo teneva la sua orazione, un cavaliere scorse il <vero> Gesù Bambino in luogo di quello che il santo aveva portato.” Dal presepe vivente nasce la tradizione di realizzarlo con le statuette che quasi tutte le famiglie tengono in una scatola, in soffitta o in cantina, e si tramandano da generazioni. E’ interessante ricordare che l’asino e il bue non sono citati nei vangeli canonici ma nascono da una lettura del Libro di Isaia dell’Antico Testamento, fatta dai Padri della Chiesa. Ecco cosa dice il profeta: “il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone; ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende». Dai primi secoli della chiesa queste figure le troviamo in tutte le rappresentazioni della Natività. Forse non tutti sanno che a Mantova la più antica immagine del presepe si trova in Duomo sul fronte di un sarcofago paleocristiano. La si trova nella seconda cappellina sulla destra e ci sono tutti gli elementi che conosciamo: Maria e Giuseppe, una capanna con la stella cometa (senza coda) in un angolo del tetto e l’asino e il bue. E’ straordinario come con questi pochi elementi gli artisti siano riusciti a realizzare rappresentazioni della Natività sempre diverse. A Mantova ne troviamo un’altra di scuola mantegnesca, nella volta della Sagrestia del Duomo. In un tondo si vede la Madonna in adorazione del bambino, Giuseppe addormentato e tra i due sbucano ancora una volta i due animali che scaldano con il loro fiato il piccolo Gesù Bambino. A Mantova un tempo il presepio più famoso tra i bambini era quello allestito nella cappella di San Bernardino della chiesa di San Francesco. I francescani seguivano la tradizione del poverello di Assisi e costruivano un enorme rappresentazione della Natività che non solo aveva l’acqua vera che scorreva in un torrente ma si poteva assistere al passare del tempo con l’alternanza del giorno e della notte, con le luci che si accendevano insieme alle stelle del cielo.

Le feste proseguono proprio con il giorno di Natale e qui iniziano i 12 giorni che si trovano in una famosissima canzone popolare inglese e che terminano con l’Epifania, la dodicesima notte. E’ un classico delle feste e il testo segue un ritmo molto antico e parla dei dodici doni che un innamorato riceve dalla sua bella. Ogni strofa aggiunge un dono fino ad arrivare a quello che viene consegnato per la dodicesima notte che sono dodici suonatori di tamburo che stanno rullando. Da qui viene anche il titolo della famosa commedia di Shakespeare.

L’altro santo del ciclo natalizio è Santo Stefano, il protomartire. La sua festa si celebra il 26 dicembre e ricorda il primo martire della chiesa cattolica che fu ucciso con una lapidazione. A Mantova si possono vedere due bellissime immagini di Santo Stefano. La prima e la più nota la si trova in Palazzo Ducale ed è rappresentata in uno degli arazzi tessuti in Fiandra su cartoni di Raffaello Sanzio. Il santo è inginocchiato mentre i suoi carnefici lo stanno lapidando. La seconda invece è un affresco che si vede in Sant’Andrea, nella cappella detta di Santo Stefano. E’ una delle cappelle maggiori nel transetto sinistro. Si vede il santo inginocchiato con la veste da diacono, nell’iconografia classica che ci è stata tramandata, e i carnefici che lo circondano con un soldato a cavallo e una lancia che attraversa tutta la scena. A Mantova c’era una chiesa di Santo Stefano e se ne può vedere una traccia in vicolo Prato, nei pressi di via Ardigò. Tra due case si vede un muro in pietra a vista con un piccolo rosoncino decorato in terracotta. E’ uno dei tanti esempi di quella che io chiamo “indigestione urbana” ovvero quando le tracce di un’architettura precedente rimangono sulla superficie dell’edificio che le ha inglobate.

Proseguiamo nel nostro percorso delle festività natalizie e ricordiamo un episodio terribile legato ai giorni successivi alla Natività e che forse non molti ricordano. E’ la Strage degli innocenti che viene ricordata il 28 dicembre. I santi innocenti sono i bambini sotto i due anni nati a Betlemme e dintorni e fatti uccidere dal Re Erode che voleva in questo modo togliere di mezzo anche il piccolo Gesù, che però era fuggito in Egitto con i suoi genitori. Anche di questo episodio troviamo traccia a Palazzo Ducale nella serie di finti arazzi dipinti da Felice Campi per completare l’appartamento omonimo fatto realizzare dagli austriaci per alloggiare la sere dei 9 arazzi raffaelleschi.

E’ il momento poi del santo dell’ultimo dell’anno: San Silvestro. Questo papa, che secondo la tradizione battezzò l’imperatore Costantino, morì a Roma il 31 dicembre del 335. Da sempre i santi vengono ricordati nel giorno della loro morte che è la nascita al cielo. Ci sono solo tre figure della chiesa cattolica che sono celebrati non solo nel giorno della morte ma anche in quello della nascita e sono: Gesù Cristo, nato il 25 dicembre e morto il venerdì di Pasqua, la Vergine Maria, nata l’8 settembre e assunta in cielo il 15 di agosto e San Giovanni Battista, nato il 24 giugno e morto per decapitazione il 29 agosto. Li si trova insieme nell’affresco dell’abside del Duomo dove vengono portati in trionfo dagli angeli gli strumenti della Passione. Torniamo però a San Silvestro che è diventato il simbolo, suo malgrado, dei festeggiamenti dell’ultimo giorno dell’anno. A Mantova la chiesa a lui dedicata era sita nello spazio attualmente occupato dal Palazzo delle Poste in piazza Martiri. San Silvestro dava anche il nome al ponte che attraversava il Rio proprio in questo punto e che oggi non si riesce a riconoscere a causa della copertura del canale nel secolo scorso. Rimane il ricordo del papa santo in una statua che troviamo ai piedi della scalinata che conduce al Lungorio e che il sabato viene circondata dai banchi del mercato contadino. Una curiosità che forse non tutti conoscono è che la statua non è sempre stata lì ma inizialmente si trovava dalla parte opposta, sulla spalletta del ponte che era posta all’incirca al livello delle strisce pedonali che attraversano corso della Libertà. Troviamo un’altra immagine di San Silvestro all’interno della Basilica di Santa Barbara, come pala d’altare di una delle cappelle maggiori ai lati della navata principale.

Il primo gennaio è invece la festa del Nome di Gesù, della circoncisione  e della maternità divina di Maria. In questo articolo mi interessa soprattutto quest’ultima celebrazione visto che Mantova è una città caratterizzata da una grande devozione a Maria. Secondo Roberto Brunelli proprio nella nostra città nacque la tradizione del rosario del mese di maggio, nei pressi della chiesa di San Nicolò che si trovava vicino a Porto Catena. Esiste ancora l’immagine miracolosa della Madonna dell’aiuto che oggi troviamo come pala dell’altar maggiore nella chiesa di Santa Caterina della Ruota, in corso Garibaldi, di cui parleremo più avanti. Ci sono molte altre madonne miracolose a Mantova anche se non possiamo non ricordare i santuari mariani che si trovano nella Diocesi, in primis Santa Maria delle Grazie con il suo coccodrillo e le sue statue votive. Torniamo però in centro e ricordiamo almeno la Madonna del Terremoto di piazza Canossa, la Madonna dell’Assedio, ricordata in una quadro che troviamo sul lato corto delle Pescherie, la statua della Madonna sulla torre dell’orologio in piazza Erbe, proprio sul balcone da cui Giovanni Paolo II recitò l’Angelus il 20 giugno del 1991, e Santa Maria dei Voti in Duomo, che molti mantovani conoscono come il santuario dell’Incoronata (di questa festa parleremo nell’articolo successivo). In questa chiesa che si raggiunge dalla navata sinistra del Duomo è conservata un’immagine antica della Madonna che la tradizione vuole abbia parlato a Sant’Anselmo il futuro patrono di Mantova.

Proseguendo nei nostri 12 giorni di Natale arriviamo al 2 gennaio e ricordiamo un santo poco conosciuto ma molto importante, soprattutto per la chiesa orientale: è San Gregorio di Nazianzio, vescovo e dottore della chiesa. Lo ricordo qui perché il suo corpo, secondo la tradizione, riposa a Mantova nella cappella di San Longino o Boschetti nella Basilica di Sant’Andrea. E’ la terza cappella grande sulla destra della navata. Se si osserva l’altare abbiamo a sinistra la tomba di San Longino e a destra quella di Gregorio Nazianzieno. Andate a vederla la prossima volta che andate in Basilica. Sotto l’altare invece, secondo la tradizione, riposa Adalberto, il povero cieco cui apparve in sogno Sant’Andrea che gli rivelò il luogo in cui era nascosta la Reliquia dei Sacri Vasi nella seconda inventio del 1048.

E arriviamo alla dodicesima notte e all’Epifania, che tutte le feste si porta via come dice il detto. In questo giorno si ricorda l’Adorazione dei Magi ed è tradizione mettere nel presepio le tre figurine di Melchiorre, Gasparre e Baldassarre che portano i doni: oro, incenso e mirra. Nel Vangelo di Matteo si ricordano i Magi ma non si dice il loro numero, né il loro nome. Uno di loro è tradizionalmente nero. Sono le statuine più colorate di tutto il presepe con i loro turbanti e le vesti orientali e sono di regola accompagnati da cammelli o dromedari, carichi di mercanzia. Forse non tutti sanno che i corpi dei Re Magi erano custoditi in Italia, in particolare a Milano nella chiesa di Sant’Eustorgio. Scrivo erano perché le reliquie furono rubate dall’imperatore Federico Barbarossa e sono state portate nella cattedrale di Colonia. Oggi a Milano rimane il sepolcro con la scritta “Trio Magorum” e nel 1904 sono tornate una tibia, un perone e una vertebra come riparazione per il furto sacrilego. L’epifania è una festa che mescola allegria a tristezza. Dal 7 gennaio si comincerà a smontare il presepe, si avvolgeranno le statuette in cartapesta o gesso nei fogli di giornale e si rimetteranno le scatole in soffitta e in cantina, in attesa di rinnovare a dicembre la magia del Natale.

Santi a Mantova tra patroni, compatroni e corpi incorrotti in Duomo

Il calendario liturgico indica quale celebrazione della Messa e della Liturgia delle Ore è prevista per ciascun giorno del calendario. Ogni diocesi (e ogni ordine religioso) ne ha uno proprio e anche per Mantova è così. Ma per chi non volesse andarlo a consultare è possibile fare un ripasso generale della santità a Mantova andando in Duomo e partendo già dalla facciata. A metà del 1700 viene demolita l’antica facciata gotica realizzata dai Dalle Masegne e di cui si trova traccia nel dipinto di Domenico Morone “La Cacciata dei Bonacolsi”. Il nuovo progetto è dell’architetto ingegnere Nicolò Baschiera ed è coronato da ben otto statue che rappresentano una sorta di riassunto dei santi mantovani. Proviamo a farne l’elenco partendo da sinistra: troviamo Santa Speciosa e San Luigi Gonzaga, sul timpano abbiamo poi San Celestino I papa, San Pietro e San Paolo e il patrono di Mantova Sant’Anselmo, da ultimo il beato Giovanni Bono e la Beata Osanna Andreasi. I Santi Pietro e Paolo sono ricordati perché la cattedrale, il duomo per i mantovani, è intitolato al primo papa, ed esisteva nell’area dell’odierno seminario un’antichissima chiesa dedicata a San Paolo (i due santi si festeggiano insieme il 29 giugno). Una curiosità da ricordare è che piazza Sordello si chiamava Piazza Grande di San Pietro proprio perché faceva riferimento alla cattedrale. La statua di San Celestino I papa (festa il 6 aprile) invece ricorda il fatto che il suo corpo era conservato nella prima cappella a destra del Duomo. Andrà perduto per un incendio che sarà alla base della decisione del Cardinale Ercole Gonzaga di commissionare a Giulio Romano il rifacimento dell’interno della Cattedrale che è quello che ancora oggi vediamo. Passiamo ora però al patrono di Mantova, Sant’Anselmo da Lucca o da Baggio, morto il 18 marzo del 1086, monaco benedettino, consigliere politico di Matilde di Canossa e sepolto sotto l’altar maggiore del Duomo. Anselmo in considerazione dell’enorme devozione dei mantovani e dei numerosi miracoli fu canonizzato l’anno successivo alla morte dal papa Vittore III. Ancora oggi la festività del patrono a Mantova è molto sentita, prova ne sia l’afflusso dei fedeli in cattedrale per venerare il corpo incorrotto di Anselmo (in dialetto si dice Sant’Inselum sant’in dom –  Sant’Anselmo, santo in duomo) e il Luna Park allestito durante il mese di Marzo nella zona del Te. Una curiosità è che il patrono di Mantova non fu mai vescovo della città. Anselmo prese il nome dallo zio omonimo (lo zio Anselmo diventerà il papa Alessandro II) e viene chiamato “da Baggio” proprio per la sua provenienza milanese (nacque a Milano nel 1035 circa) e “di Lucca” proprio perché fu nominato vescovo della città toscana nel 1073. Il futuro santo fu esiliato da Lucca da parte dell’imperatore Enrico IV a causa della sua posizione favorevole al papa Gregorio VII durante la lotta per le investiture. Inoltre Anselmo diventò monaco benedettino nel 1075 quando lasciò la città di Lucca per entrare nell’abbazia di Saint-Gilles, nella Francia meridionale. Il futuro santo aveva lasciato la città per una disputa relativa alla sua investitura. Fu il papa Gregorio VII a richiamarlo a Luca dove rientrò nel Natale del 1075. Per questo Anselmo si fece sempre chiamare “vescovo e monaco” e quando morì chiese di essere sepolto al monastero di San Benedetto in Polirone. Sarà il vescovo Bonizone di Sutri al suo funerale a imporre invece la sepoltura in Duomo perché ad un Vescovo si addice la cattedrale (anche se nel caso di Anselmo non era la sua). Parliamo ora di Santa Speciosa, una santa mantovana poco nota, che viene ricordata non solo dalla statua ma anche da un dipinto in cattedrale (oggi al Museo Diocesano) di Girolamo Mazzola Bedoli. La santa non viene ricordata nel calendario liturgico mantovano (quindi potremmo considerare la sua festa il 5 novembre dove si ricordano tutti i santi e beati mantovani) e non ci sono molte notizie su di lei se non che la tradizione vuole abitasse al tempo di Costantino nei pressi della chiesa di San Paolo e fosse una vergine ricca di virtù e di dottrina che utilizzava per confutare le tesi dell’eretico Ario. La santa non è nemmeno registrata nel Martirologio Romano ma va ricordata per la sua appartenenza alla tradizione mantovana. Ricordiamo poi San Luigi Gonzaga, il santo della famiglia che governò Mantova dal 1328 al 1707, e che apparteneva al ramo cadetto dei Gonzaga di Castiglione delle Stiviere. Luigi era il primogenito e rinunciò ai suoi titoli entrando nell’Ordine dei Gesuiti. Morì a Roma il 21 giugno 1591 ed era nato a Castiglione delle  Stiviere il 9 marzo 1568. Ci sono due curiosità da ricordare su San Luigi di cui troviamo una splendida immagine in un quadro conservato nella navata destra del Duomo. La prima è che viene festeggiato a Castiglione delle Stiviere anche nel giorno della nascita (una unicità che condivide con Cristo, la Vergine e il Battista). La seconda è che proprio in occasione dei 400 anni dalla morte fece il “miracolo” di riportare un papa a Mantova: era Giovanni Paolo II che sarebbe poi stato proclamato santo nel 2014 (l’ultimo papa che era venuto nella nostra città era Pio II Piccolomini nel 1459). Prima di entrare in cattedrale ricordiamo la Beata Osanna Andreasi,  destinataria di un culto da sempre molto sentito in città. Osanna era una mistica molto vicina ai Gonzaga e adorata da tutta la popolazione con una vita molto simile a quella di S.Caterina da Siena (terziaria domenicana come lei). Osanna nasce in provincia ma vive in una casa ancora perfettamente conservata in via Frattini dove si possono vedere ancora la cappella, la cella dove morì la beata e uno splendido giardino segreto con loggiato. Era sepolta in San Domenico in un monumento funebre che la tradizione attribuisce all’opera di Gian Cristoforo Romano, mentre oggi riposa in Duomo in uno degli altari a sinistra dell’altar maggiore e il suo corpo è incorrotto. Una curiosità: all’interno di casa Andreasi è conservato uno degli abiti della Beata Osanna, un oggetto rarissimo e uno dei più antichi manufatti tessili giunti sino a noi. Un’ultima notazione su patroni e compatroni di Mantova. Sant’Anselmo è il Patrono principale della città e della diocesi, cui si aggiungono san Luigi Gonzaga e san Pio X (lo ricorda un quadro di Alessandro Dal Prato nella navata sinistra del Duomo) hanno la qualifica di
Patroni secondari della diocesi. E’ previsto inoltre come comune patrono della regione (ecclesiastica) lombarda sant’Ambrogio. Un tempo erano compatroni di Mantova anche il francescano san Giacomo della Marca e san Giovanni della Croce ma oggi non lo sono più e non sono neppure più compresi nel nostro
calendario (ringrazio Mons. Roberto Brunelli per queste informazioni).

Entriamo adesso in Duomo e andiamo nella chiesetta di Santa Maria dei Voti che ha la particolarità di custodire i corpi incorrotti di sei beati mantovani. Insieme ai corpi incorrotti della Beata Osanna Andreasi e del patrono sant’Anselmo possiamo quindi considerare il Duomo un unicum nella chiesa mantovana e un vero e proprio “pantheon” dei santi e beati di casa nostra. Chi volesse vedere esposti i corpi incorrotti dovrebbe andare in Duomo il 1 novembre in occasione della Festività di Ognissanti. Li troviamo custoditi nelle due cappelle laterali, all’inizio del santuario dell’Incoronata. Partiamo da sinistra e troviamo qui sotto l’altar maggiore il beato Giovanni Bono (la cui statua abbiamo visto sulla facciata della Cattedrale) e i beati carmelitani Battista Spagnoli (festa il 17 aprile) e Bartolomeo Fanti (festa il 5 dicembre). Giovanni Bono è un giullare che si converte e, secondo la tradizione incontra anche San Francesco. Morirà a Mantova nel 1249 e la sua memoria cade il 16 ottobre. Bartolomeo Fanti e Battista Spagnoli sono Carmelitani Scalzi e l’ultimo sarà così famoso da essere l’unico mantovano ad essere ricordato da William Shakespeare nelle sue opere. Nella cappella sulla destra invece troviamo altri tre corpi incorrotti oltre ad un affresco medievale che rappresenta San Leonardo. Sotto l’altar maggiore è custodito il beato Giacomo Benfatti (festa il 19 novembre), vescovo di Mantova e domenicano, mentre ai lati troviamo la terziaria domenicana e venerabile Caterina Carreri e il beato frate girolamino Marco Marconi (festa il 24 febbraio).

La devozione popolare a Mantova da Sant’Antonio Abate a Santa Caterina della Ruota

Ci sono altri santi che a Mantova sono particolarmente venerati e che si festeggiano ancora. Sono legati in particolar modo alla tradizione contadina, alla cura del bestiame, al tempo dei traslochi autunnali degli affittuari e ai mulini. Il primo che incontriamo nel calendario, il 17 gennaio, è Sant’Antonio Abate da non confondere con S.Antonio da Padova. Quest’ultimo è un francescano di origine portoghese, morto in giovane età, grande predicatore e famoso per la preghiera del Si Quaeris la cui recita fa ritrovare le cose smarrite. S.Antonio Abate è un santo molto antico, il fondatore del monachesimo e molto noto per essere stato oggetto di numerose tentazioni. Una curiosità da ricordare è che c’è un proverbio veneto che fa un mix tra i due santi: “Sant’Antoni dalla barba bianca (l’abate), fame catar quelo che me manca (il francescano)”.

L’immagine di Sant’Antonio Abate la troviamo ancora in molte stalle mantovane perché considerato protettore degli animali domestici. A Mantova è chiamato anche santo del porcellino (perché spesso rappresentato con un maiale al seguito) e Sant’Antoni Chisuler (perché in occasione della sua festa si faceva un dolce tipico da inzuppare). La chiesa dedicata a Sant’Antonio era dove oggi si trova la Biblioteca Baratta. Il santo dei traslochi è invece San Martino di Tours che si festeggia l’11 novembre. A Mantova gli hanno dedicato una chiesa che troviamo in via Trieste. Sulla facciata c’è proprio la statua del santo a cavallo nell’atto di dividere il suo mantello con un povero. San Martino di Tours è uno dei santi più importanti del medioevo e il primo a non essere martire. Tours diventerà meta di pellegrinaggi come Santiago, Roma o Gerusalemme. A Mantova per San Martino si mangiavano le castagne e soprattutto si faceva trasloco nelle campagne tanto che nel dialetto locale “far sanmartin” vuol proprio dire cambiare casa. Una curiosità: all’interno della chiesa di San Martino a Mantova si trova un altare dedicato alla gente della Val Rendena. Arriviamo poi al 25 novembre quando si festeggia Santa Caterina d’Alessandria che popolarmente viene detta della Ruota (per uno degli strumenti con cui fu torturata prima di arrivare al martirio).
E’ una santa molto venerata anche e soprattutto in forza di un suo patronato derivante proprio dalla ruota. Santa Caterina è in effetti la protettrice dei mugnai, tanto che ancora oggi i mulini chiudono il 25 novembre e festeggiano con pranzi o cene aziendali cui sono invitati tutti i dipendenti. E’ un modo di ringraziare la santa per la protezione accordata e di evitare che, dimenticandosela, qualche sciagura improvvisa li possa colpire. La chiesa a lei dedicata la troviamo in Corso Garibaldi e se entriamo troviamo una statua della santa con la ruota dentata e la Madonna dell’Aiuto, dietro l’altar maggiore, qui trasferita dalla chiesa di San Nicolò, vicino a Porto Catena. Una curiosità la possiamo trovare se giriamo in via Santa Caterina, retrostante alla chiesa: all’interno di un condominio troviamo il campanile medievale che apparteneva alla chiesa originaria, demolita e ricostruita in forme settecentesche.
Come si vede, se mi avete seguito fin qui, il calendario è dei santi molto più di quanto possiamo immaginare.

Pubblicato su Gazzetta di Mantova del 22 dicembre 2020