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Dario Vergassola, Mantova, Roberta Morise, Sabbioneta, Sei in un Paese meraviglioso, Sky Arte, Unesco
E’ stata una bellissima occasione quella di partecipare alla puntata su Mantova della trasmissione “Sei in un Paese meraviglioso” che va in onda in prima serata il lunedì su Sky Arte.
E’ stata girata all’inizio di maggio e andrà in onda lunedì 25 giugno alle 21.15. Naturalmente i protagonisti sono Dario Vergassola e Roberta Morise (che per la cronaca non ho incontrato) ma anche io ho provato a far passare la mia passione per Mantova e la sua storia. Eccovi il risultato:
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Qui trovate il sito della trasmissione e quello della Mantova Film Commission.
– Il sito della trasmissione “Sei in un Paese meraviglioso” su Sky Arte
– Il sito della Mantova Film Commission
Ecco invece i testi che ho scritto per i miei quattro interventi.
Palazzo Ducale, Camera degli sposi: affreschi Andrea Mantegna
Il Palazzo ducale è un palazzo con più di 500 stanze si dice, anche se nessuno le ha davvero mai contate. In realtà parlare di palazzo non rende l’idea: la reggia dei Gonzaga infatti è un insieme di edifici di epoche diverse collegati tra loro nei secoli fino a formare l’attuale complesso di oltre 35000 metri quadrati: quasi 8 campi da calcio. L’immagine più famosa di questo edificio è il Palazzo del Capitano che si apre su piazza Sordello con i suoi merli ghibellini a coda di rondine a rimarcare la fedeltà imperiale di Mantova. Qui vissero i Gonzaga dopo la famosa cacciata dei Bonacolsi che detta così sembra un’azione di libertà e invece fu uno dei tanti colpi di stato che caratterizzavano le città italiane del periodo. Dal 1328 al 1707 il palazzo fu la reggia dei Gonzaga, poi arrivarono gli austriaci, Napoleone, ancora gli austriaci e infine nel 1866 gli italiani. Sarà il duca Guglielmo Gonzaga a dare la forma attuale al Palazzo ducale costruendo collegamenti tra le varie parti staccate, creando 15 tra piazze e giardini e costruendo la basilica di Santa Barbara, una spettacolare cappella palatina con un campanile che segna in modo indelebile il profilo della città. Al suo interno gli arazzi di Raffaello, gli affreschi di Pisanello, due giardini pensili e l’appartamento dei nani che da sempre stimola la curiosità dei visitatori.
L’altro punto focale del Palazzo ducale è il Castello di San Giorgio, costruito per volere di Francesco I Gonzaga dall’architetto Bartolino da Novara, lo stesso del Castello estense. E’ una fortezza quattrocentesca che mette in mostra tutte le tecniche di difesa d’avanguardia: merli, beccatelli, caditoie. All’ultimo piano le carceri dei Martiri di Belfiore che rendono il castello di San Giorgio un carcere di massima sicurezza. Il gioiello più nascosto del Castello è la Camera degli sposi, affrescata da Andrea Mantegna. E’ uno dei capolavori dell’arte di tutti i tempi e si trova al primo piano di una delle torri della fortezza. E’ il marchese Ludovico II a commissionare l’opera facendosi rappresentare insieme alla sua famiglia e ad importanti personaggi dell’epoca sulle pareti della camera. Andrea Mantegna impiega ben 10 anni a dipingere la camera degli sposi che, nonostante il nome non è una camera da letto ma un salotto. Ecco la Camera picta (questo il nome con cui veniva chiamata all’epoca dei Gonzaga) è il luogo dove il marchese Ludovico riceveva i visitatori illustri. Sulle pareti la storia del primo cardinale di casa Gonzaga Francesco, il secondogenito del marchese, e insieme a lui la marchesa Barbara di Brandeburgo, i fratelli, i cortigiani e una piccola nana di corte. La fantastica prospettiva di Andrea Mantegna si chiude con il famoso occhio nella volta della camera da cui si affacciano vari personaggi, un pavone e dei putti che giocano. Uno in particolare è interessante: regge in mano una mela che dimostra come il tempo si sia fermato nel glorificare la storia dei Gonzaga.
Basilica di Sant’Andrea – San Sebastiano – Leon Battista Alberti
Quando Leon Battista Alberti arriva a Mantova è già molto conosciuto: oggi lo definiremmo un dilettante di genio perché Alberti scrive un po’ di tutto dalla famiglia alla pittura e si diletta di architettura. A Mantova arriva nel 1459 come abbreviatore, oggi diremmo scrittore professionale, per il Papa Pio II Piccolomini. Qui costruirà due chiese che sono dei capolavori. In realtà l’Aberti le disegna mentre sarà Luca Fancelli, un tagliapietre fiorentino al servizio dei Gonzaga, a costruirle. La prima è il San Sebastiano che il marchese Ludovico II Gonzaga (quello del Mantegna e della Camera degli Sposi) gli commissiona in una zona vicina alle mura della città, verso l’isola dove si costruirà palazzo Te. E’ una chiesa nuova ma antica o nuova proprio perché antica e strana. Alberti infatti usa la pianta centrale, tipica di molti edifici dell’antichità, e inizia a sperimentare l’uso di strutture antiche ma rielaborate in senso moderno. La stessa cosa che farà quando progetterà la Basilica di S.Andrea. E’ strana invece perché si fa fatica a riconoscerla come un edificio sacro. Il Cardinale Francesco Gonzaga, sempre quello della Camera degli Sposi, scriverà al padre Ludovico che non si capisce se sia una chiesa, una moschea o una sinagoga. La chiesa viene modificata agli inizi del secolo scorso e trasformata in Famedio, tempio dedicato ai caduti.
E’ S.Andrea tuttavia che consacrerà per sempre il genio di Leon Battista Alberti. Il marchese Ludovico II Gonzaga vuole rinnovare la chiesa dove sono conservati i Sacri Vasi che contengono il Sangue di Cristo, la reliquia più preziosa della cristianità. Chiede allora progetti agli architetti più importanti e alla fine si presentano in due: Antonio di Manetti Ciaccheri e Leon Battista Alberti che alla fine vincerà. Abbiamo il testo della lettera che scrive al marchese per sponsorizzare il suo progetto dove sottolinea che lo farà “più capace, più eterno, più degno, più lieto”. La prima pietra di Sant’Andrea viene posata nel 1472 quando Alberti è già morto da due anni e la fabbrica andrà avanti per secoli chiudendosi con il “cupolone” barocco progettato da Filippo Juvarra che con i suoi quasi 90 metri d’altezza è il punto più alto della città. La facciata della Basilica propone la ripresa dell’arco trionfale romano con il timpano del tempio greco. Rimane il campanile gotico. La pianta è a croce latina e al suo interno oltre alla reliquia dei Sacri Vasi, riposa Andrea Mantegna qui sepolto nel 1506.
Sabbioneta: Corridor Grande / Teatro all’Antica.
La storia di Sabbioneta non può essere raccontata senza citare il suo fondatore Vespasiano Gonzaga. Perché senza di lui non esisterebbe questa città ideale nel mezzo della pianura padana, circondata dalle mura e ancora bloccata all’epoca in cui fu costruita. Una delle cose più particolari di Sabbioneta è che è raro vedere persone camminare per le vie e questo rende la città metafisica e il set perfetto per le produzioni cinematografiche: qui hanno girato i Medici televisivi, qui i Promessi sposi di Salvatore Nocita, qui la Strategia del Ragno Bernardo Bertolucci. Sabbioneta nasce proprio dal sogno di Vespasiano di realizzare la sua città, una nuova Roma vicino al Po. La tradizione vuole infatti che il primo atto di fondazione della città sia stato il tracciamento delle mura con l’aratro, come fece Romolo a Roma. Vista dall’alto Sabbioneta ha la forma di una stella irregolare, con sei bastioni e due porte. Vespasiano era anche un architetto militare e a Sabbioneta sembra realizzare un catalogo degli ultimi ritrovati per la difesa di una città. I bastioni sono uno diverso dall’altro e presentano soluzioni difensive all’avanguardia, pensate per resistere al tiro della nuova arma finale: l’artiglieria. Forse per questo mai un colpo fu sparato contro le mura di Sabbioneta: troppo perfette per essere affrontate. La struttura della città riprende quella dell’accampamento romano, con una struttura a insule, cioè isolati, e due poli che si contrappongono: quello della piazza ducale e quello della piazza d’armi. Il luogo destinato alla celebrazione del potere del duca Vespasiano e quello riservato alla sua vita privata. Oltre alle mura i due monumenti che colpiscono di più di Sabbioneta sono il Corridor Grande e il Teatro all’Antica. La Galleria degli Antichi è uno spazio dove il duca esponeva le sue raccolte di sculture, i suoi trofei di caccia ed è realizzata sul modello di gallerie come quella degli Uffizi. Da fuori sembra un acquedotto romano, da dentro invece un’esperienza straniante di un corridoio lunghissimo che non conduce da nessuna parte. L’altro monumento da non perdere è il Teatro all’antica costruito da Vincenzo Scamozzi, l’allievo di Palladio. E’ il primo teatro moderno al mondo perché è stato realizzato come edificio ex novo e non in uno spazio preesistente con tutti gli ambienti tipici del teatro: il foyer, i camerini, il palcoscenico con una scena fissa che riproduce in prospettiva la via di una città che potrebbe essere Sabbioneta. Tre ingressi diversi accolgono il duca, i cortigiani e gli attori e gli affreschi ricordano Roma, il mito di Vespasiano, rappresentando il Campidoglio e Castel Sant’Angelo. Una scritta corre tutto attorno all’edificio: Roma quanta fuit ipsa ruina docet, la grandezza di Roma si intuisce anche dalle sue rovine. Quando si esce dal teatro e si cammina per Sabbioneta si capisce di essere comparse in una città dove l’attore protagonista è solo lui: il duca e fondatore Vespasiano Gonzaga Colonna.
Palazzo Te – Giulio Romano
Anche in passato si sentiva il bisogno di ricaricare le batterie: ecco Palazzo Te è un luogo di svago. Se fossimo a Ferrara diremmo che è una “delizia” come ad esempio Schifanoia che già nel nome racconta il suo scopo. Invece siamo a Mantova dove il marchese e poi duca Federico II commissiona a Giulio Romano la costruzione di una villa fuori città “dove andare per ispasso” scriverà Vasari.
E’ un palazzo dei lucidi inganni e già il nome ne racconta uno: il Te non è quello che bevono gli inglesi alle 5 del pomeriggio ma un riferimento al luogo dove sorge il palazzo. Ci sono solo delle ipotesi e nessuna certezza: la prima dice che l’isola su cui sorgeva il Palazzo all’interno del quarto lago di Mantova (che non esiste più) si chiamava Tejeto, luogo di Tigli che ci sono tuttora. In dialetto si accorciano le parole e da Tejeto si arriva a Te. Ma l’ipotesi più accreditata è che il nome venga da due strade che si incontravano al centro dell’isola formando la lettera T. Vasari chiama infatti il palazzo il palazzo del T.
Palazzo Te nasce dove c’erano le scuderie dei famosi cavalli gonzagheschi e ancora oggi la sala principale della Villa è dedicata ai purosangue dei Gonzaga che vincevano tutte le corse. Erano una sorta di formula 1 dell’epoca e questo doveva essere l’effetto che fecero all’imperatore Carlo V che arrivò a Mantova nel 1530. Palazzo Te riprende la forma di una villa romana e Giulio Romano, l’allievo di Raffaello Sanzio, la costruisce in soli 10 anni. E qui diverte pensare al fatto che Mantegna impieghi 10 anni a dipingere una stanza e Giulio lo stesso tempo ad edificare un Palazzo intero. I tempi sono cambiati dall’artigiano di genio siamo passati all’imprenditore che organizza il lavoro degli altri e Giulio ha imparato dal migliore: il suo maestro Raffaello.
Camminare per le sale del palazzo interamente affrescate è un’esperienza da non perdere. Le storie della mitologia e della bibbia raccontano la vita privata e le aspirazioni di Federico II e celebrano la gloria dell’imperatore Carlo V. Le passioni amorose del marchese sono rappresentate sulle pareti spingendo sull’acceleratore della lussuria: in questa cappella Sistina di Giulio Romano i braghettoni non arrivano e Giulio può rappresentare l’amplesso di Federico II e della sua amante Isabella Boschetti nei panni di Giove e Olimpiade. L’imperatore Carlo V viene invece celebrato nel Camarone dei Giganti dove Giove sconfigge i titani che volevano conquistare il monte Olimpo. In una serie di affreschi illusionistici dipinti su una volta che arriva fino al pavimento tutto sembra sussultare, crollare e schiacciare lo spettatore al centro della sala. Qui Jovanotti girò il video dell’Ombelico del Mondo e qui Mantova divenne davvero l’ombelico del mondo quando si incontrarono il marchese di Mantova e l’imperatore.