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Ho pubblicato un articolo nell’inserto Bianco e Nero su Gazzetta di Mantova e ho provato a immedesimarmi in un turista milanese che fosse venuto a Mantova nella primavera del 1915.

Il giorno di Natale del 1914 il Touring Club Italiano pubblica la prima edizione della Guida Rossa, il testo che sostituirà il Baedeker nei cuori degli italiani. E’ una Mantova molto diversa quella che si vede nella cartina del piccolo volume, completamente circondata dall’acqua, con le mura ancora in piedi e il Rio completamente scoperto.

Proviamo allora a seguire questo turista che arriva a Mantova in treno e fa una passeggiata dall’inizio di Corso Vittorio Emanuele, dove c’è ancora Porta Pradella, fino al Ponte di San Giorgio.

Qui trovate l’articolo completo.
UNA GIORNATA A MANTOVA CON IL TOURING CLUB ITALIANO

Cosa poteva vedere e come si preparava un turista per visitare Mantova agli inizi del 1900? Non è facile rispondere a questa domanda: le cose sono cambiate rispetto a 100 anni fa ma non tutte. Oggi proviamo a raccontarvi un ipotetico itinerario di un viaggiatore che domenica 21 marzo 1915 decide di venire a Mantova da Milano utilizzando come riferimento la Guida Rossa del Touring Club Italiano, la prima ad essere pubblicata proprio il giorno di Natale del 1914.
Immaginiamo che nonostante la guerra già in corso tra Francia, Inghilterra, Germania e Austria il nostro turista decida di venire a Mantova in treno e nel tragitto verso la nostra città sfogli la guida per prepararsi alla visita. Sul frontespizio trova una strofa dell’Inno del Touring Club Italiano che recita così: “O sacra terra nostra, madre benigna e cara, la tua beltà ci mostra, la vita tua c’impara: guida il tuo amor ci sia, avanti, avanti, via!” Mette tenerezza quel “c’impara” ma ci conduce in un’Italia cui mancavano ancora Trento e Trieste e che presto sarebbe entrata in guerra.
Ecco cosa scrive la Guida Rossa per Mantova sotto la rubrica Cose più interessanti: “Occorre circa una giornata per una visita affrettata. Ad ogni modo sono preminenti la *Reggia, il *Palazzo del Te, *S.Andrea, il *Museo Civico, il Duomo e il Museo Patrio. Chi voglia dare solo un’occhiata potrà dalla stazione con vettura andare, se gli orari d’apertura glielo consentono, al Te, 15 min., visitare il Palazzo, mezz’ora, poi farsi portare nel centro, p.e.: a S.Andrea, da cui a piedi alla Piazza delle Erbe, alla Reggia ecc.”
Per molti dei turisti attuali l’itinerario non è cambiato: ad esempio la stazione è ancora nella stessa posizione di allora e molti pensano a Mantova come una meta da gita di un giorno.
Ma torniamo alla nostra Guida Rossa e alla parte Avvertenze e informazioni utili. Ecco cosa scrivono gli estensori di questa introduzione ben conoscendo gli italiani: “Sono la chiave d’uso della Guida. Chi non legge queste pagine ricaverà dal volume un utile più limitato; alcune parti gli riusciranno anche oscure. La Guida è concepita per il turista di media coltura e che voglia conoscere il Paese non superficialm., ma senza specializzarsi.”
Torniamo allora al nostro turista di “media coltura” che decide di venire a Mantova domenica 21 marzo 1915, il primo giorno di primavera. Arriva in treno e scende alla stazione ferroviaria aprendo la mappa della città. Se lo facessimo anche noi ci renderemmo conto che Mantova è cambiata ma non troppo. Tuttavia ha perso un aspetto che la rendeva ancora più unica e speciale: le mura e il suo essere un’isola circondata completamente dalle acque.

Ecco la descrizione della Guida Rossa di questa particolarità della città acquatica: “Mantova è circondata a semicerchio nella sua metà da O a N e da N ad E da un grande allargamento del Mincio formante lago diviso in tre porzioni da due dighe-ponti (n.d.r. sono le due parti del ponte dei Mulini) sui quali passano strada ordinaria e ferrovia. La porzione a monte è detta Lago Superiore è lunga 6 km e larga di fronte alla città 1100 m. Il Lago di Mezzo, attraversato a sua volta da una strada che conduce ad un’opera militare (n.d.r è il Ponte di San Giorgio che doveva essere ancora levatoio e la rocchetta fortificata), è lungo km 3,5 e largo 1,1. Il Lago Inferiore, il più abbondante di canneti, da cui esce il Mincio è lungo km 1,7, largo 1,3. Belli effetti pittorici, specie al tramonto, ma altresì spesso nebbia e zanzare. Il Lago Superiore è congiunto all’Inferiore dal Rio, scaricatore che attraversa la città. Mantova conta 32630 abitanti.”

La descrizione geografica del TCI si può seguire anche oggi. Purtroppo non c’è più il Ponte dei Mulini, bombardato dagli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale e mai più ricostruito: uno dei luoghi di cui sento di più la mancanza. Quanto doveva essere bello entrare a Mantova da quella parte, con il rumore dell’acqua e dei mulini e il profumo della farina. Anche il ponte di San Giorgio è stato pesantemente modificato mentre non sono cambiate le zanzare (e adesso ci sono quelle tigre), i tramonti e la nebbia (anche se sicuramente più rara rispetto al secolo scorso). Due ultime cose da evidenziare: il Rio è chiamato scaricatore a sottolineare il suo aspetto di canale di servizio e gli abitanti sono 32630. Siamo tornati alla popolazione che abitava Mantova prima del Sacco del 1630 che ridusse gli abitati di un terzo: 2 secoli e mezzo per tornare sopra i 30.000 danno l’idea di cosa ha voluto dire il saccheggio dei Lanzichenecchi per Mantova.

Il milanese si sarebbe spinto fino a Porta Pradella che c’era ancora e sarebbe stata smontata pietra su pietra solo negli anni ’40. Avrebbe iniziato a percorrere corso Vittorio Emanuele II passando davanti al Teatro Andreani e dirigendosi verso il Teatro Sociale. All’altezza della chiesa di Sant’Orsola c’era l’Ospedale civile che sarebbe stato poi spostato oltre le mura nei pressi del canale del Paiolo. Qui Mantova è molto cambiata soprattutto dopo l’apertura di via Bonomi. Ecco cosa dice la Guida Rossa di questa zona:”Dalla Stazione si entra in città dalla Porta Pradella o di Belfiore, perché fuori di questa è la località ove vennero giustiziati i patrioti nel 1851 e si percorre il corso Vittorio Emanuele II. Al n. 16 bel Palazzo moderno della Banca Mutua Popolare (n.d.r. il cosiddetto Palazzo del Diavolo). Sulla piazza Cavallotti, ove passa il Rio, il Teatro Sociale del 1822, in stile neoclassico”.

Il Rio è un altro dei paesaggi mantovani che è completamente cambiato rispetto al 1915. Il nostro turista sarebbe passato sul ponte di San Giacomo che si trovava proprio davanti al Teatro Sociale e prendeva il nome da una chiesa non più esistente. Oggi i mantovani fanno fatica ad accorgersi dei ponti che scavalcano questo piccolo canale e quando gli si chiede di ricordarsi tutti i nomi se ne dimenticano sempre qualcuno. Tra l’altro pochi pensano che, quando passano per corso della Libertà, stanno camminando sopra l’alveo del canale ricoperto dopo la seconda guerra mondiale per le esigenze di traffico e per riqualificare i quartieri popolari. Mantova ha perso una delle sue zone più caratteristiche e per chi volesse avere un’idea di com’era questa zona può rivederla in alcune fotografie d’epoca o nei bassorilievi che oggi si trovano sopra i portici moderni dell’edificio sulla sinistra di corso della Libertà andando verso il Lungo Rio.  Nella mappa del Touring Club Italiano si vede il ponte di San Francesco (davanti alla chiesa omonima), quello di San Giacomo già citato, il ponte di San Silvestro che era dove oggi c’è il palazzo delle Poste, il ponte delle Pescherie, quello di via Massari e il ponte degli Arlotti. Nella mappa non si vede ovviamente il recente ponte pedonale che attraversa porto Catena e che in attesa di un nome potremmo chiamare “Quell’ultimo ponte” (parafrasando il titolo di un vecchio film). Questa zona della città è descritta nella Guida Rossa che la descrive così:”Via Pomponazzo termina al Ponte Arlotto sul Rio, che ivi, dopo di aver attraversato la città, sbocca nella Darsena o Porto Catena il quale si apre sul Lago Inferiore. A valle del ponte interessanti opere idrauliche a difesa delle inondazioni padane; apparecchi di scarico a sinistra per l’Officina del Gas (n.d.r e oggi c’è ancora la sede della municipalizzata e la zona si chiama ex gasometro), a destra pel Tram di Brescia. Il Porto va crescendo d’importanza per la navigazione interna”. Il rapporto tra Mantova e l’acqua  si è allentato nel tempo e pochi mantovani ricordano quando si poteva fare il bagno nei laghi ma soprattutto quando Porto Catena era il più importante porto italiano interno per quantità di merce movimentata.

Riprendiamo il percorso del milanese in gita e seguiamolo mentre passeggia in Corso Umberto, sotto i portici, verso quello slargo triangolare che ancora qualcuno dei vecchi mantovani chiama piazza Purgo. La toponomastica non è molto cambiata dal 1915. Le vie del centro riprendono i nomi degli eroi risorgimentali e soprattutto dei Martiri di Belfiore. Via Fratelli Bandiera, via Marangoni, via Pietro Fortunato Calvi, via Frattini e corso XX settembre. Due curiosità: non c’è ancora via Corridoni (all’epoca chiamata via San Martino) e nemmeno via Gandolfo (sulla mappa si legge contrada Saponaia, forse per una vicina fabbrica di sapone). Entrambi moriranno durante la Prima Guerra Mondiale (l’Italia entrerà in guerra 2 mesi dopo la gita del turista milanese, il 24 maggio del 1915, che era un lunedì): Filippo Corridoni morirà nell’ottobre del 1915 e Lorenzo Gandolfo nel 1916.

Passata piazza Purgo il turista si avvicina alla Basilica di Sant’Andrea che la Guida Rossa scrive in grassetto e con asterisco. L’asterisco è messo alle cose più notevoli, recita la Guida. Ecco come il Touring descrive la chiesa “creazione del sommo architetto Leon Battista Alberti, cominciata però dopo la sua morte da Luca Fancelli che dal 1472 al 1494 eresse la facciata e tutto il corpo anteriore; il rimanente venne compiuto a due riprese dal 1597 al 1600 e dal 1697 al 1710, e la cupola soltanto tra il 1732 e il 1782 dal Juvara. Molto originale la facciata, ispirata alle esedre delle antiche terme romane. Il campanile in cotto, del 1414, è ancora quello della preesistente Basilica.

La Guida Rossa è molto pignola nella descrizione degli interni della chiesa e ne fornisce le misure (lunghezza di 103 m., larghezza di 20 m. e altezza di 30 m.), segnala le cose notevoli come la cappella del Mantegna ma dimentica completamente la cripta e la reliquia dei Sacri Vasi. Chissà se questa mancata citazione del Sangue di Cristo è dovuta al voler mantenere un approccio laico ai monumenti, epperò è sicuramente un elemento da rilevare anche perché senza questa storia è difficile capire il perché di una chiesa che supera per dimensioni la cattedrale della città, il Duomo, ed è così monumentale.

Il nostro turista ha visitato la Basilica ed è uscito “piegando a sinistra”, come suggerisce la Guida e andando verso Piazza Erbe. Qui fa riferimento alla Casa del Mercante Boniforte (definito commerciante milanese Bottiforte) e alla Cervetta, il palazzo con portici angolari che sarà bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale, successivamente ricostruito e che oggi è occupato dagli Uffici Turistici. In questa zona di Mantova c’è stato un grande cambiamento solo 4 anni fa: nel 1911, durante lavori di allargamento della strada che da Piazza Erbe, conduceva a via Bertani, si riscoprono le tracce della Rotonda di San Lorenzo. Si iniziano i lavori di restauro che si fermeranno proprio a causa dell’entrata in guerra dell’Italia. Ecco la descrizione che ne fa la Rossa: “Isolato nella piazza: ad un livello un po’ più basso di essa, antico battistero, detto la Rotonda di San Lorenzo, XI secolo; l’interno (ancora in restauro) ha un deambulatorio a volta a botte e pilastri che circonda lo spazio centrale già a cupola (n.d.r e quindi probabilmente ancora non ricostruita); nel fondo un’absidiola. Esternamente all’absidiola bell’avanzo di portico medioevale su caratteristiche colonne di cotto.”

E’ difficile per un mantovano dei giorni nostri pensare ad una Piazza Erbe senza la Rotonda. Eppure per almeno tre secoli fu così. La chiesa fu chiusa nella seconda metà del cinquecento per volere del duca Guglielmo Gonzaga. Da quel momento scompare dalle descrizioni dei turisti e sarà successivamente inglobata nelle case del Ghetto. Mozart e suo padre non la vedono quando vengono a Mantova nel 1770 e anche Charles Dickens durante il suo brevissimo soggiorno in città nel 1844. I restauri della Rotonda termineranno dopo la fine della guerra e sarà riaperta nel 1926 diventando la chiesa più visitata dai turisti e più amata dai mantovani.

Seguiamo il nostro turista che attraversa piazza Erbe e si rammarica di non essere passato in giorno di mercato visto che, come scrive il Touring, “la pittoresca piazza serve di mercato; davanti ai portici si vedono inferriate che al mattino vengono ribaltate per scendere con scalette nei magazzini sotterranei.”.
Passa accanto al Broletto (quello che noi chiamiamo Palazzo del Podestà) e arriva in piazza del Broletto dove la Rossa non può non citare “il rozzo antico monumento a Virgilio (sic! È la Vecia per i mantovani di oggi e di allora). Qui ha sede la Camera di Commercio (l’attuale sede di via Calvi, costruita dall’architetto Aldo Andreani, è di là da venire) dove si ricordano “tre ritratti a fresco del 1450 rappresentanti a figura intera tre consoli  dell’Università dei Mercanti e i residui di affreschi con figure nello stile del Pordenone.” Si riconosce ancora oggi questa sede soprattutto per i capitelli dei portici in prossimità di vicolo Leon d’Oro che riportano il simbolo camerale dell’aquila posta sopra una balla di lana.

Il milanese si sta avvicinando a Piazza Sordello, passa di fianco alla Torre della Gabbia e oltrepassa il voltone. Ecco come la Guida del Touring descrive la piazza che si guadagna l’asterisco ma è molto diversa rispetto ad oggi e: “passando sotto un arco si sbocca nella imponente Piazza Sordello, nel cui mezzo sorge assai male intonato all’ambiente il monumento ai Martiri di Belfiore (1851) dello scultore Miglioretti (1872). La piazza è circondata di edifici caratteristici.”

Il monumento ai Martiri di Belfiore è quello che è stato ricostruito nel 2002 nella valletta di Belfiore, in occasione della visita del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per i 150 anni della congiura. Lo si vede ancora in alcune foto, circondato da un giardinetto e cancellata e con una piccola scala che conduce alla sua base. Fu smontato nel 1830 e i sui pezzi distribuiti in varie parti di Mantova. Il Genio della Libertà ad esempio fu posto al centro del Cortile d’Onore di Palazzo Ducale. E’ commovente leggere il giudizio del Touring Club sul monumento: “assai male intonato all’ambiente”. Chissà cosa scriverebbero oggi della Domus Romana e se sarebbero così eleganti nel giudicare un intervento davvero invasivo e inopportuno. La Guida Rossa ricorda che all’interno di Palazzo Castiglioni è conservato il manoscritto del Cortegiano di Baldassarre Castiglione e, prima di dedicarsi al Duomo (che non merita l’asterisco) affronta la descrizione della Reggia dei Gonzaga (che invece l’asterisco ce l’ha in evidenza). Immaginiamo il nostro turista che si ferma davanti alla facciata e inizia a leggere: “E’ questo il più grande monumento di Màntova, uno dei più grandi palazzi italiani. Caratteristica sua è il numero stragrande di ambienti, in generale non vastissimi. Stupisce che il vandalismo umano possa, in epoca relativamente recente, essersi spinto al grado bestiale di distruzione della maggior parte della decorazione di questa che fu una delle più ricche regge italiane.Tuttavia ciò che ancora rimane è meraviglioso e bastante per fare un’impressione profonda. Dolorosa quella delle carceri.”

Due curiosità sono contenute nella Guida: si parla dell’itinerario e si cita anche l’Appartamento dei Nani. L’itinerario è soggetto a modifiche in relazione  all’apertura o chiusura di ambienti per restauri e si segnala che i custodi, poco numerosi, tendono talora ad accorciare. Per l’Appartamento dei Nani invece il Touring dice di fare attenzione alle scalette evidenziando come la scala è “fatta per nani, attenti alla piccolezza dei gradini”. La descrizione del Palazzo Ducale è lunga e dettagliata: ci si sofferma sulla Camera degli Sposi, si parla delle “tristissime carceri dei patriotti (sic!) italiani, si citano gli Arazzi mancanti (perché a Vienna e che ritorneranno nel 1919), i camerini di Isabella che sono ancora all’ultimo piano della Domus Nova (si parla però della ricostruzione fatta negli spazi dove li troviamo attualmente con addirittura pavimento in maiolica e previsione del reinserimento delle copie dei dipinti oggi al Louvre).

Il milanese è stanco e anche noi siamo arrivati al termine del nostro percorso in compagnia della Guida Rossa del Touring del 1914. Immaginiamo che il turista entri in Duomo e si spinga poi fino al ponte di San Giorgio. Chissà se c’è ancora la cappellina con la statua di San Giovanni Nepomuceno, oggi conservata in Cattedrale. Sicuramente ci sono laghi e il lento scorrere delle acque mi piace pensare che il nostro viaggiatore apra un piccolo appunto che si è portato con sé con i versi di Dante Alighieri che raccontano da dove viene il nome della città:
“Fer la città sovra quell’ossa morte;
e per colei che ’l loco prima elesse,
Mantüa l’appellar sanz’altra sorte.”

Giacomo Cecchin