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Alessandro Perissinotto, flâner, flâneur, Gironzolare, girovagare, Laterza, lato ferrovia, lato strada, Parigi, Parigi lato ferrovia
Cosa c’entra un libro su Parigi con un blog dedicato a Mantova? Innanzitutto io sono un lettore onnivoro e qualsiasi libro mi interessa (e visto che decido io cosa pubblicare o meno…). In secondo luogo “Parigi lato ferrovia” è un libro che incarna perfettamente la filosofia che sta alla base di quello che scrivo su Mantova.
In altre parole una città la si conosce se ci si cammina dentro e, spesso, senza una meta precisa. E’ il concetto del flaner francese. E questo splendido libro di Alessandro Perissinotto è proprio un filo d’Arianna alla scoperta di una Parigi diversa, non segreta ma poco conosciuta.
Non vi anticipo nulla delle scoperte che vi invita a fare l’autore, del suo modo molto originale di considerare la mappa di Parigi con i suoi arrondissements un gioco e i numeri dei quartieri come quelli della roulette che escono a caso, ma non troppo.
Vorrei solo evidenziarvi tre elementi che mi sono piaciuti e che faranno sì che io regali o suggerisca questo libro agli amici (e anche ai nemici…suvvia).
1. FlÂner – camminare senza una meta ma in modo scientifico. In italiano forse potremmo tradurre con gironzolare, un termine che mette insieme camminare e perdere tempo. Ecco cosa scrive Perissinotto nell’introduzione: “Qualcuno potrebbe obiettare che i veri parigini sono loro, quelli che corrono con le borse della spesa, con la baguette ostinatamente sotto l’ascella, con la fretta di chi va al lavoro, ma noi non ci lasceremo ingannare da queste ovvietà e ci ricorderemo che Baudelaire, a metà dell’ottocento, in contrapposizione al cittadino indaffarato, ha inventato un’altra tipologia di parigino tipico, quella del flâneur, e in quella tipologia noi rientriamo perfettamente. Il flâneur si concede lunghe passeggiate attraverso la città e, per dirla proprio con Baudelaire, è uno che porta al guinzaglio delle tartarughe lungo le vie di Parigi. Ma quello del flâneur è un passeggiare scientifico, antropologico: muovendosi al passo delle sue tartarughe, il flâneur ha tempo di osservare, analizzare, di farsi un’idea dei luoghi e delle persone e, proprio per questo, è l’opposto del turista” pag. 6. Ed è la stessa cosa che penso io per Mantova: camminare, passeggiare e ancora camminare per non perdersi nulla della città (leggete qui i miei 5 suggerimenti per il perfetto girovagare urbano).
2. Lato Ferrovia – stimolante anche l’approccio di raccontare il “lato ferrovia” che io definirei il dietro le quinte, quello che di regola si tiene nascosto per mettere in mostra il lato migliore. Perissinotto utilizza il concetto per spingerci a riscoprire la bellezza e l’unicità di Parigi anche nei suoi particolari più délabrées, anzi proprio in questi che ci consentono di andare oltre la Ville Lumiere da cartolina che è quella che appartiene a tutti i turisti e di crearci la nostra Paris, quella da parigini per un giorno. Ecco come nel libro si spiega la differenza tra il “lato strada” e il “lato ferrovia”.
Il “lato strada” è il biglietto da visita della casa: i balconi sono ordinati,, le finestre ornate di tendine che chiudono le stanze allo sguardo di chi abita di fronte. Il “lato ferrovia”, al contrario, è lo spazio dell’intimità: sui terrazzini si ammassano biciclette , vecchie masserizie, borse, valigie, piante di ficus messe lì a morire, lettiere per gatti e, sui vetri, niente che mascheri alla vista degli estranei le cucine in disordine, i letti sfatti e, talvolta, persino i bagni; perché tanto chi passa in treno è veloce, non si sofferma, , non è come il dirimpettaio curioso che sorveglia i nostri gesti” pag. 15. E invece in “Parigi lato ferrovia” si va proprio alla ricerca di questi dettagli e la cosa funziona, eccome.
3. Le collane di pensieri – sono i momenti per me irresistibili in cui Perissinotto si perde dietro al filo dei suoi pensieri e, in modo apparentemente casuale, ma in realtà con un disegno ben preciso si passa dal parc Citroen alla Citroen DS (e qui poca fatica, ce la potevamo fare tutti) ma poi arriva in sequenza a Roland Bhartes, Laurent Binet, Francesco Guccini, Fabien Barthez, Claude-Louis Berthollet, l’Eau de Javel e la candeggina (la sequenza la trovate a pagina 21). E lascio a voi scoprire le altre collane di pensieri sparse un po’ in tutto il libro (ad esempio quella su Boris Vian e sugli altri chansonnier francesi*). D’altra parte a volte anche la mia mente funziona così e quando mi accorgo che non sono solo la serendipity è totale.
Cosa mi resta da dire se non invitarvi a leggere il libro ma soprattutto a saltare sul primo volo o treno per Parigi, non potrete farne a meno.
*Bellissima la citazione da La chanson des vieux amants di Jacques Brel
“Mais finalment, finalement
Il nous fallut bien du talent
Pour etre vieux sans etre adultes”.
(che nella traduzione di Franco Battiato dice:
“ma c’è voluto del talento
per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti”.