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I portici a Mantova sono sparsi un po’ dappertutto (in questi giorni è anche in corso la loro pulizia), costruiti in epoche differenti offrono riparo dal sole o dalla pioggia. La curiosità di quelli mantovani sono i capitelli, spessissimo diversi uno dall’altro, e che raccontano personaggi e vicende che hanno caratterizzato la storia della città. Basta passeggiare osservandoli ogni tanto e si scopriranno simboli e decorazioni davvero unici che rimandano alle famiglie che hanno posseduto i palazzi, alla loro funzione o semplicemente alla necessità di riutilizzare materiali di scarto come forse nel caso di quello con lo stemma Gonzaga-Visconti all’inizio di Corso Umberto. Ecco una scelta di 5 capitelli da scovare durante la prossima passeggiata.

Piazza S.Barbara verso la Cavallerizza – E’ un capitello nascosto questo che regge un portichetto al centro del Palazzo ducale. Basta andare in piazza Santa Barbara e, con la facciata della basilica di fronte, prendere a destra il passaggio che va verso il cortile della Cavallerizza. Appena varcato l’arco si può osservare il capitello che presenta una delle prime evoluzioni dello stemma gonzaghesco: le strisce orizzontali inquartate con i leoni di Boemia. E’ Francesco I, quarto capitano del popolo, ad ottenere dall’imperatore Venceslao IV di Lussemburgo, Re di Boemia e dei Romani, il diritto di utilizzare il Leone di Boemia.

Portico di Palazzo del Capitano – basta osservare i capitelli del Palazzo del Capitano (quello merlato che fronteggia piazza Sordello) per scorgere un piccolo scudo a strisce orizzontali che decora alcuni capitelli. Si tratta dello stemma Bonacolsi o di quello dei Gonzaga? Distinguerli non è facile anche perché cambiavano solo i colori delle fasce: rosso e oro quelli dei Bonacolsi e nero e oro quelli dei Gonzaga. Chissà se qualcuno riuscirà a dirimere la questione. In ogni caso per cambiare lo stemma dall’una all’altra famiglia sarebbe bastata una bella tinteggiatura (occorre tuttavia osservare che anche sulla pietra si possono evidenziare i diversi colori con trattamenti diversi).

Portici di Piazza Broletto – I capitelli da osservare sono quelli che fiancheggiano l’accesso a Via Leon d’Oro, proprio di fronte a piazza Broletto. Sono i capitelli che ricordano la presenza qui della Camera di Commercio, l’Universitas Mercatorum) e la curiosità è che il simbolo è rimasto uguale: un’aquila che regge una balla di lana (?) negli artigli. La facciata della casa era decorata sembra da affreschi del Pordenone e da qui vengono gli affreschi staccati di alcuni consoli conservati attualmente all’interno del Palazzo storico della Camera di Commercio progettato dall’architetto Andreani.

Portico del Palazzo della Cervetta – Il Palazzo della Cervetta (attualmente sede dell’Ente turismo) è stato interamente ricostruito dopo che un bombardamento della II guerra mondiale lo aveva raso al suolo. I capitelli sono tra le poche parti originali recuperate dal precedente edificio che risaliva al 1495. Allora basta osservare il capitello della colonna angolare per scorgere la cervetta, forse scelta dalla famiglia Strada (titolare di una spezieria nell’edificio) come omaggio alla famiglia Gonzaga (la cervetta è infatti un’impresa della famiglia che governò Mantova per circa quattro secoli).

Capitelli all’inizio di Corso Umberto – qui si trova un capitello che è davvero una rarità a Mantova. Se osservate infatti lo stemma Gonzaga che lo decora si notano le classiche fasce dello stemma primigenio della famiglia inquartate con il biscione dei Visconti. E’ una rarità perché questo stemma fu utilizzato solo dal 1389 al 1394 a celebrazione dell’alleanza tra Francesco I Gonzaga e Gian Galeazzo Visconti (fu proprio il milanese a concederne l’uso al Gonzaga). Ma si sa le alleanze come i matrimoni difficilmente non durano per sempre (e ben lo sapeva Agnese Visconti, la prima moglie di Francesco I decapitata per adulterio) e quando cambiarono le cose il capitano del popolo di Mantova diede ordine di scalpellare gli stemmi come damnatio memoriae. Questo capitello rispuntò solo verso la fine del XVIII secolo, forse sfuggito allo scalpellino, come ornamento del palazzo che tuttora lo conserva.

Giacomo Cecchin

#Mantova2016

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